
VIII Domenica ordinaria C
La Parola: Sir 27,5-8 Sal 91 1Cor 15,54-58 Lc 6,39-45:
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello. Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».
Anche il vangelo di questa domenica ci presenta l’insegnamento di Gesù finalizzato a concretizzare nei comportamenti quotidiani la nuova legge delle Beatitudini. Oggi sembrerebbero parole meno dure ed esigenti, ma in realtà prima ancora di soffermarci su come noi abbiamo normalmente due misure di giudizio, una molto tranquilla per noi e una invece molto pesante per gli altri, dobbiamo subito prendere sul serio l’esigenza di portare frutti per poter essere davvero degni figli dell’Altissimo, come già ci è stato proposto domenica scorsa. Comunque la si guardi, o in senso deduttivo, perché dall’albero buono vengono frutti buoni, o induttivo, quando dai frutti buoni si riconosce l’albero buono, la parabola di Gesù per noi del terzo millennio è alquanto scomoda. Noi infatti siamo più interessati all’apparenza, a ciò che si vede e di cui tutti parlano perché può scorrere velocemente sulle onde del web e molto meno invece alle azioni concrete e quotidiane capaci di diffondere il bene attorno a noi dimostrando la bontà del nostro cuore non con delle sterili affermazioni o peggio ancora belle intenzioni, ma con le opere tangibili dell’amore. La concretezza di Gesù però non ci deve spaventare, ma deve piuttosto diventare un monito salutare perché la nostra vita non rimanga prigioniera della superficialità e dell’apparenza, diventando invece una reale opportunità per compiere il bene che Dio Padre si aspetta da noi. Certamente non dobbiamo incolpare la situazione, la società o gli altri per il male che esce dal nostro cuore e che con le parole o le azioni fa soffrire i nostri fratelli. Anche tutta la moderna tecnologia non è buona o cattiva in se, non è colpa degli strumenti la nostra malvagità, ma proprio come ci insegna Gesù, siamo noi a servirci in malo modo di tante belle possibilità per rinchiuderci nel nostro egoismo isolandoci dagli altri e pensando solo al nostro benessere personale. Si capisce così molto bene anche l’associazione di idee che ha fatto diventare la pianta, che doveva portare frutti buoni, una trave di legno, che ci offusca gli occhi, la mente ed il cuore rendendoci giudici perversi dei nostri fratelli e nello stesso tempo ci rende incapaci a vedere dentro di noi, per poterci poi impegnare a cambiare le brutte abitudini e vincere le nostre debolezze. La richiesta di Gesù non è certamente quella di imparare a chiudere gli occhi sul male presente attorno a noi, lasciando andare le cose in malo modo senza impegnarci a migliorare la nostra società ma piuttosto di prendere coscienza che tocca a ciascuno di noi cominciare a costruire una società migliore, attenta ai doveri di giustizia verso le leggi e gli ordinamenti sociali, ma soprattutto disposta davvero a vivere in modo solidale perché nessuno rimanga escluso e tutti possiamo godere dei beni di cui è ricco questo bel mondo a noi affidato da Dio Padre.
Nella foto, don Natale, autore della riflessione, a Fatima