Crema, 12 dicembre 2024
(Bernardo Zanini) Santa Lucia, nata il 7 marzo 283 a Siracusa e morta il 13 dicembre 304 a Siracusa, era una martire cristiana uccisa durante le persecuzioni sotto Diocleziano. Nelle chiese cattoliche e ortodosse, è venerata come Santa protettrice della vista e viene commemorata il 13 dicembre.
Le sue spoglie mortali son custodite nel santuario di Lucia a Venezia e viene venerata anche a Siracusa dove c’è il suo culto principale nel santuario al sepolcro di Santa Lucia. A Siracusa nei giorni della sua festa, le pasticcerie preparano dei dolcetti tipici come gli occhi di Santa Lucia ed è venerata nei paesi italiani che erano sotto la dominazione veneziana.
Nel territorio cremasco esisteva un mondo magico folcloristico legato alla festa di Santa Lucia del 13 dicembre. Si comincia a mettere su i balconi e cancelli i mazzolini di fieno, legati con un nastro azzurro per i maschietti e rosa per le femminucce perché, secondo la tradizione che si perde nella notte dei tempi, servono a dar da mangiare all’asinello che traina il carretto della Santa. Si scrivevano le letterine a Santa Lucia con la lista dei regali desiderati e dopo le 21 i bimbi venivano messi a dormire e qualcuno suonava un campanellino che era il segno inequivocabile del passaggio della Santa. Al mattino ai piedi del letto i bambini trovavano i regali portati da Santa Lucia, con un immancabile cabaret di pasticcini, cioccolatini e mandarini.
Un altro aspetto è dato dalle bancarelle del mercato di Santa Lucia,che si allestisce tre giorni prima del 13 dicembre e che una volta negli anni '60 erano piene di giochi della Lego in scatola, costruzioni in legno, scatole di dadi, trenini della Rivarossi e della Lima, piste della Policar, macchine filo comandate, macchinine e carri armati a pile. Poi c’erano banchi ripieni di soldatini di gomma cowboy e indiani della Isas e della Landi Xiloplasto, che emanavano un profumo di gomma che era tipico dei negozi in Crema, dove si vendevano giocattoli, come la tipografia Moretti di via XX settembre, Polenghi in via Matteotti, Il Grillo, Bernardi e Genzini in via Mazzini. Le vetrine si animavano mettendo in mostra castelli medievali con soldatini,e trenini che giravano in circolo e noi bambini ci fermavamo a guardarli incantati. Non mancavano banchi con armi giocattolo, con le pistole Susanna e Pecos Bill, i fucili della Molgora e le munizioni Superbum in scatole di cartone con 100 capsule di plastica gialle in strisce da 10. Non mancavano anche giocattoli a molla della Ingap di Padova, mentre per le bambine c’erano bambole con gli occhi che si muovevano con gambe e braccia snodate, e anche i mobiletti in miniatura per la casa delle bambole. A Crema in fondo alla via Civerchi esisteva negli anni 60 la Casa delle Bambole dove con pazienza si riparavano le rotture delle bambole e di alcuni giocattoli a molla. Poi c’erano banchi di dolciumi ripieni di mascherotti, mentine, giuggiole verdi, i bruttimabuoni, pasticcini di tutti i tipi e torroni che lasciavano una scia di profumi dolci e avvolgenti.
Tutti gli anni c’era anche il banco delle Quaranta che facevano dolci come il tiramolla e le noccioline ricoperte di zucchero caramellato e non mancavano mai anche nelle fiere del cremasco. Quando mia mamma era piccola, negli anni 30 mio nonno Bernardo di Ripalta Guerina, la portava a Crema con il calesse e il cavallo, nei giorni prima di Santa Lucia a comprare cinc ghéi da panetù e mia nonna a Pasqua dell’anno dopo, stava ancora brontolando per i soldi spesi, perché soldi non c’erano.
Sia negli anni '30 e poi negli anni '50 c’era in Italia una grande povertà e molte famiglie vivevano in ristrettezze economiche, per cui i pochi giocattoli di legno come il cavallo a dondolo, veniva ridipinto e passato dal fratello grande a quello più piccolo. Il piattino dei dolci di Santa Lucia era misero, con due aranci, una mela e 4 castagne secche, solo alcune famiglie benestanti potevano regalare ai loro figli giocattoli costosi.