
Crema, 31 maggio 2025
Gentile direttore,
leggo con attenzione e rispetto la lettera dell’ingegner Davide Ferla sul quarto quesito referendario dell’8 e 9 giugno, ma non posso non rilevare quanto sia parziale e, in definitiva fuorviante, la rappresentazione del tema.
L’ing. Ferla richiama principi di diritto come la “colpa in eligendo” o “in vigilando” e sostiene che l’attuale norma stabilisce un “giusto equilibrio” delle responsabilità tra committente e appaltatore. Peccato che questo equilibrio, nella realtà dei fatti, si traduca in una catena di irresponsabilità, dove chi trae profitto dal lavoro di altri non risponde mai davvero delle condizioni in cui quel lavoro viene svolto.
Negli appalti si verificano infiltrazioni mafiose accertate, anche sul nostro territorio. Aziende che aprono e chiudono nel giro di pochi mesi, nate solo per vincere un appalto e poi sparire, lasciando lavoratori in nero, sottopagati, privi di ogni tutela, a lavorare dentro scatole cinesi di subappalti.
La corsa al ribasso dei costi per aggiudicarsi l’appalto si traduce troppo spesso in risparmio sulla sicurezza.
E ci sono casi documentati – e drammatici – in cui la produttività è stata aumentata manomettendo i sistemi di sicurezza: come nel caso di Luana D’Orazio, una delle 3 persone che ogni giorno muoiono a causa di un mercato del lavoro senza scrupoli.
Ogni anno sono più di 500.000 le denunce per infortunio sul lavoro e oltre 1.000 quelle di infortunio mortale. E la maggior parte di questi avvengono nel sistema di appalti e subappalti. Si aggiunga che non si tiene conto dei dati sommersi, ovvero lavoratori in nero o le nuove schiavitu, come quelle dei braccianti.
Siamo certi che in questo sistema così “equilibrato” chi commissiona un lavoro, chi lo paga e ne trae il beneficio economico, debba potersi autoassolvere perché “non conosce i rischi specifici”?
Davvero possiamo accettare che, se un’impresa fallisce o non risarcisce, nessuno risponda del danno subito da un lavoratore?
Il principio che il referendum vuole ripristinare è chiaro e semplice: chi guadagna da un lavoro deve rispondere anche dei suoi effetti.
Non è vero che il privato cittadino che ristruttura casa diventerebbe automaticamente responsabile. Qui stiamo parlando di imprese committenti e imprese appaltatrici (e subappaltatrici).
È un messaggio di civiltà: basta scaricare i rischi su chi sta in basso.
Chi ha potere decisionale deve avere anche responsabilità, solo così si ferma la giungla degli appalti, solo così si salva una vita, prima che diventi una notizia.
L’8 e 9 giugno chiunque ha a cuore la sicurezza sul lavoro SÌ.
Perché la sicurezza sul lavoro non è un costo, è un diritto. E perché la responsabilità non è un’ingiustizia: è l’unico modo per prevenire davvero.
Paolo Losco (Segretario Provinciale Sinistra Italiana Cremona)