
Cremasco, 16 marzo 2025
II Domenica di Quaresima C
La Parola: Gen 15,5-12.17-18 Sal 26 Fil 3,17- 4,1 Lc 9,28-36:
Dal Vangelo secondo LucaLc 9,28b-36
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
Parola del Signore.
(Don Natale Grassi Scalvini) Durante l’estate scorsa per diverse volte ci siamo trovati sulle montagne avvolti da scure nubi e a volte anche con vento di bufera e nevischio, provando così la brutta impressione di essere quasi dispersi, senza punti di riferimento o traccia da seguire, nonostante la nostra presunta esperienza e capacità. Posso capire abbastanza bene quindi la sensazione dei tre discepoli che stavano ammirando uno spettacolo incredibile e straordinario e si trovano d’un tratto immersi in una oscura nube senza più sapere dove sono e dove devono andare.
Diversamente da noi escursionisti per loro però arriva una voce dal cielo che indica chiaramente cosa devono fare: ascoltare e seguire il Figlio prediletto, sia in quello che insegna, sia come nell’esempio che darà loro precedendoli nella via della croce. Se abbiamo intrapreso con serietà il cammino quaresimale verso la Pasqua certamente in questi primi giorni abbiamo già fatto tutti l’esperienza di ritrovarci un po’ spaesati, perché i segni di penitenza e conversione che vogliamo offrire al Signore ci sembrano, anche se abbiamo appena cominciato, già pesanti ed esigenti e quasi quasi sembra sfuggirci subito il significato profondo di quanto vogliamo fare per prepararci adeguatamente alle feste pasquali.
La risposta ai nostri dubbi è la stessa che hanno avuto anche i discepoli sul monte Tabor: ascoltate e seguite il maestro, lui è la strada e la giustificazione delle vostre scelte e delle vostre opere. Il nostro problema è che in realtà prima ancora di arrivare a mettere in pratica le parole di Gesù noi facciamo già tanta fatica anche semplicemente ad ascoltare la sua voce. Da una parte infatti anche noi, che pure cerchiamo di vivere da suoi fedeli, impegnandoci anche a partecipare non solo alla celebrazione domenicale ma anche a qualche rito o appuntamento tipico della quaresima, come la Via Crucis, o qualche momento di adorazione o di meditazione della Parola, siamo spesso chiusi alla rivelazione del Signore dalla nostra supponenza di saperne già abbastanza e quindi dalla pretesa di non doverci aprire alla conversione. Ma d’altra parte, come la maggior parte delle persone che conosciamo, siamo troppo pieni delle altre parole, delle mille voci della nostra società, di tutte quelle indicazioni e suggerimenti, magari anche rispettabili ma certamente lontane dalla linea propostaci dal Signore.
In effetti possiamo riconoscere germi di bene in tante proposte della nostra società ma ci rendiamo conto che spesso sono tutte offuscate da una generica patina di egoismo e superficialità per cui anche le opere di bene sembrano fatte solo per apparire e sentirsi appagati perché assecondiamo il buon senso comune.
La via della croce che invece ci propone il Signore Gesù e sulla quale lui si incammina decisamente per compiere il suo esodo, del quale parlava con Mosè ed Elia, ha delle richieste concrete di impegno e di sacrificio che difficilmente vengono accettate dal nostro mondo.
In questi giorni temo, per esempio, che qualche volta anche il legittimo e sacrosanto desiderio della pace non sia motivato dal desiderio della fine delle tribolazioni e della sofferenza di tante persone ma semplicemente suggerito dalla paura di perdere il nostro piccolo orizzonte di benessere, nel caso la guerra arrivi fino a noi. Senza illuderci che basti la nostra buona intenzione e alcune opere di carità compiute a favore dei fratelli bisognosi, cerchiamo di concretizzare subito, prima di Pasqua mi raccomando, la nostra disponibilità all’ascolto della Parola di Gesù, trovando innanzitutto tempo e occasioni per farla risuonare dentro di noi ma soprattutto rendendola di nuovo carne viva nel nostro corpo. Questo nostro corpo concreto infatti è l’unico strumento che Dio ha oggi a disposizione per rendere di nuovo e sempre presente il suo amore per tutti gli uomini. Sappiamo bene che il Figlio di Dio quanto doveva fare in obbedienza al Padre lo ha compiuto proprio tutto e fino in fondo. Adesso tocca a noi seguirlo per rinnovare ogni giorno la sua opera di salvezza nell’offerta della nostra vita e della nostra completa collaborazione al suo progetto secondo lo stile che lui ci ha insegnato.