Crema News - Crema - L'impero Maire sotto attacco

Crema, 26 novembre 2025

 Il 19 novembre il conflitto tra la società russa EuroChem Severozapad-2 e il gruppo italiano Maire è entrato in una fase che difficilmente può essere definita un semplice contenzioso commerciale. Le richieste di congelamento dei conti di Tecnimont e di MT Russia, inviate alle principali banche italiane, hanno per la prima volta messo sotto pressione gli attivi internazionali del gruppo. Per l’industria europea che opera in giurisdizioni complesse si tratta di un segnale allarmante: una controversia nata come vicenda privata sta rapidamente assumendo un carattere sistemico.

Secondo quanto appreso dalla nostra redazione, le lettere sono state ricevute da 16 tra i principali istituti finanziari, tra cui UniCredit, Intesa Sanpaolo (IMI CIB Division), BNP Paribas e Crédit Agricole CIB. Il presupposto è una decisione del tribunale che ha coinvolto Tecnimont in qualità di corresponsabile in un’azione giudiziaria per un importo di quasi 203 miliardi di rubli (2,8 miliardi di dollari).

 Si tratta del progetto di costruzione di uno stabilimento per la produzione di ammoniaca e urea a Kingisepp, nella regione di Leningrado, nel nord-ovest della Russia. Nel 2020 EuroChem, Tecnimont e la sua controllata MT Russia hanno sottoscritto un contratto a prezzo fisso con l’obbligo di completare i lavori non oltre il 16 settembre 2023. Tuttavia, nel maggio 2022 l’appaltatore ha sospeso i lavori, invocando le sanzioni dell’UE. Allo stesso tempo, secondo quanto afferma l’attore, a quel momento il grado di completamento dell’impianto non superava il 25%.

 Il tribunale ha già emesso una decisione a favore dell’attore, sebbene nel caso permangano due elementi controversi.

 In primo luogo, l’ammontare delle pretese giudiziarie supera in misura significativa il valore degli obblighi contrattuali e, pertanto, potrebbe essere oggetto di contestazione.

 In secondo luogo, le sanzioni dell’UE limitavano oggettivamente la capacità di Tecnimont di proseguire l’esecuzione dei lavori, circostanza che la difesa potrebbe ugualmente utilizzare come argomento a proprio favore.

 Ciononostante, il tempo gioca contro Maire. Ogni rinvio non fa che accrescere i rischi: il primo ricorso da 2 miliardi di euro già di per sé supera il capitale proprio del gruppo. Ora è emerso che «EuroChem Severozapad-2» ha presentato un secondo ricorso per lo stesso importo — questa volta nei confronti della stessa Maire., in qualità di garante delle proprie controllate. Sorge dunque la domanda: gli attivi della società madre potrebbero essere soggetti a un potenziale sequestro? I suoi titoli sono quotati in borsa e, anche solo il riferimento a possibili restrizioni, è in grado di esercitare una pressione al ribasso sulle quotazioni.

 Nella rendicontazione di Maire per i primi nove mesi del 2025, pubblicata il 23 ottobre e redatta in conformità allo Ias 37, non vi è alcun riferimento al ricorso di EuroChem da 2 miliardi di euro, alle eventuali passività ad esso collegate, al procedimento contro Tecnimont o ai rischi relativi agli attivi russi. Tuttavia, la rendicontazione secondo lo Ias 37 implica l’obbligo di riconoscere le perdite ritenute probabili e di costituire i relativi accantonamenti. Se la decisione del tribunale dovesse divenire definitiva, MAIRE sarà costretta a contabilizzare quasi l’intero importo del ricorso come perdita probabile, costituendo un accantonamento comparabile al proprio capitale.

 Minacce ben più serie si profilano per Maire al di là dei meri aspetti contabili. Il sequestro degli attivi di Tecnimont consente alla parte attrice di richiederne il riconoscimento e l’esecuzione nei Paesi della Csi e nei Brics, giurisdizioni in cui le decisioni dei tribunali russi possono essere riconosciute. Di fatto, ciò espone non solo la presenza della società in Russia, ma l’intera dimensione internazionale del gruppo.

 Particolarmente vulnerabile appare la situazione in Asia Centrale. Se i tribunali kazaki dovessero riconoscere il sequestro degli attivi di Tecnimont, verrebbero messi a rischio i progetti chiave Silleno (3,6 miliardi di dollari) e Tengiz (1,1 miliardo di dollari). La loro interruzione equivarrebbe, in pratica, alla violazione degli obblighi contrattuali, con conseguenti penali inevitabili, revisione dei contratti e perdita di fiducia da parte dei committenti statali. Sotto minaccia si trova anche il più grande contratto Epc di Maire — Adnoc Hail & Ghasha negli Emirati Arabi Uniti, del valore di 8,7 miliardi di dollari — e, per estensione, i progetti in India, dove Tecnimont realizza anch’essa lavori su vasta scala.

 La natura stessa del business di Maire comporta che i progetti principali vengano realizzati in Paesi caratterizzati da elevata incertezza regolatoria e istituzionale. Gli investitori ricordano ritardi e conflitti societari già verificatisi in passato e, pertanto, vedono le nuove misure giudiziarie come un segnale di possibile ampliamento dei rischi. Maggiore è l’incertezza, minore è la fiducia nella società e maggiore è la probabilità di un calo dei titoli. Così, il nuovo ricorso rischia di diventare quel minimo peso che può spezzare la schiena del cammello.

 La situazione potrebbe ripercuotersi anche su altre società italiane che operano in Russia, in primo luogo Intesa e UniCredit: quest’ultima, secondo quanto dichiarato dall’amministratore delegato Andrea Orcel, si trova già a dover bilanciare tra le richieste di Bruxelles e la posizione di Mosca e rischia di avvicinarsi alla nazionalizzazione della sua filiale russa.

 In un contesto simile Maire non può permettersi di rimanere nell’ombra. La società deve valutare con lucidità i rischi, spiegare pubblicamente agli investitori la natura delle minacce — legali, finanziarie e operative — e presentare una strategia trasparente per la tutela dei loro interessi. Qualsiasi rinvio, così come un tentativo di limitarsi a formulazioni neutre, non farà che aumentare la pressione sui titoli: il mercato interpreta l’incertezza come debolezza e l’assenza di una posizione chiara come un segnale di fuga.