Crema, 08 maggio 2024
(seconda puntata)
Un giusto dimenticato
Mio nonno Chechi durante la seconda guerra mondiale era andato in Germania a lavorare per la Krauss/Maffei, perché conosceva il tedesco e molti dei suoi dialetti. Poi ritornò a Crema verso gli ultimi anni della guerra e faceva l’interprete per il comando tedesco agli Stalloni. Aveva ideato un sistema per avvisare le persone nascoste nelle campagne, quando i tedeschi e i fascisti facevano delle retate per scovare gli ebrei nascosti nelle canoniche e nei sottotetti delle chiese, i partigiani e chi non voleva aderire alla repubblica di Salò. Probabilmente si appoggiava a qualcuno, forse a un prelato ed era una cosa pericolosa, perché se scoperto rischiava la fucilazione e la deportazione in Germania dei suoi parenti. Mio padre ha fatto 5 anni di guerra e quando è tornato non ne sapeva nulla. Purtroppo anche se è una storia tramandata in famiglia e anche da pochi amici intimi che la conoscevano, non sappiamo come faceva. Però dopo la fine della guerra e anche dopo la sua morte, molte persone passavano in via Ginnasio a portargli uova, salami, polli e vino, in segno di riconoscenza per le persone nascoste che era riuscito a salvare dalle deportazioni in Germania.[2]
L’ultimo ladro, unèst e tamburù
La categoria dei ladri di galline stava scomparendo, uno degli ultimi rappresentati teneva duro, non mollava e portava avanti le antiche tradizioni. Al gh’ìa ’na scurmagna un po’ dispregiativa, ma nel suo lavoro era onesto, infatti rubava solo quando c’era al temp dai ladre, per cui al sa estia cumè an ladre e l’era sempre famàt cumè an ladre. Colto con le mani nel sacco in parecchie occasioni, gli avevano dato nove anni di prigione. Poco prima della Pasqua, notte tempo, aveva fatto man bassa di oche in un pollaio ai Saletti e nella fretta di arraffare aveva perso un braccialetto d’oro con su inciso il suo nome che portava al polso. Il giorno dopo si presentava ai carabinieri per denunciare la scomparsa. Dopo che ebbe fatto una precisa descrizione, lo misero in galera. Poco tempo dopo a Chieve, venne sorpreso mentre rubava da un frigorifero e per salvarsi si nascose in un vecchio forno per cuocere il pane. I contadini accesero il fuoco e venne salvato dai carabinieri accorsi sul posto, altrimenti i la fàa aròst.[4]
Vlady Sacchi
Un pittore cremasco che ha dipinto nei suoi quadri alcuni personaggi o attori della città è il pittore Vlady Sacchi, che ha immortalato in due dei suoi quadri Farina e Cesarino, chiamati dai cremaschi come “Pulénta e Farina”, due vecchietti del ricovero cittadino che erano sempre insieme. Un altro è il Fali abitante in via Valera, dipinto in un quadro come il filosofo. Tutta l’esperienza artistica di Vlady Sacchi può essere condensata in un quadro del 1986, Autoritratto con amici e i personaggi che affiancano l’artista sono gli archetipi di quelle scienze e di quel sapere che lo hanno accompagnato per tutta la vita: lo storico Mario Perolini, il musicista Aldo Ghislandi, il pittore Ugo Bacchetta e il restauratore Ambrogio Geroldi. Sempre nel 1986 Vlady dipinge un quadro a prima vista religioso, la Fuga in Egitto, Il quadro raffigura un uomo con un sacco sulla schiena e nell’altra mano regge una valigia, legata con la corda e una donna che tiene in braccio un bambino avvolto in una copertina. Questo quadro prende spunto dalle sue origini e si colloca in un universo contadino a metà strada tra un San Martino dove le famiglie andavano da una cascina all’altra e una famiglia di migranti, che nel dopoguerra espatriavano in cerca di fortuna. [5]
(continua -3-, leggi la prima puntata cliccando qui; leggi la seconda puntata cliccando qui)
[2] Fonte: famiglia Zanini, Luciano Ricci, Mario Perolini
[4] Mario Gnesi, op, cit, nota 3
[5] Walter Venchiarutti, Il realismo metafisico di Vlady Sacchi, Insula Fulcheria 2021