Crema News - Cede la diga, cento anni fa: 356 morti La diga di Gleno

Crema, 01 dicembre 2023

(Don Natale Grassi Scalvini) E fu sera e fu mattina, ultimo giorno.

Per 356 abitanti della Val di Scalve, sulla bergamasca, dopo Clusone, la mattina del 1° dicembre del 1923, esattamente 100 anni fa, è stato l’ultimo mattino. Alle 7,15 di quel brutto giorno la diga del Gleno è crollata riversando in valle 6 milioni di litri di acqua, detriti e fango causando un disastro immane distruggendo almeno sei paesi prima di scaricarsi e calmarsi nel lago d’Iseo dopo aver percorso tutta la Val Mala. Purtroppo si è trattato, come è stato riconosciuto dalle indagini e dal processo, di una colpevole negligenza umana, sia per il progetto, cambiato in corso d’opera e ancor di più per i materiali scadenti utilizzati per la costruzione della diga, ultimata solo pochi mesi prima e già riempita anche senza alcun collaudo. 

Probabilmente anche nella costruzione di questa diga, come certamente in quella del Barbellino a Valbondione in fondo alla val Seriana, han lavorato alcuni miei parenti che allora vivevano nelle valli bergamasche e quindi ho sempre un ricordo particolare per questi avvenimenti così tragici. Molte persone di quei posti vennero ad abitare nel cremasco, assumendo il cognome Scalvini, cioè provenienti dalla Val di Scalve. Diverse volte, nelle mie escursioni in montagna, sono poi passato proprio vicino ai ruderi che ancora si possono vedere in fondo alla valle. Dopo così tanti anni devo ammettere che la natura ha pian piano ricoperto i danni del disastro ma certamente il dolore delle famiglie del luogo non è mai passato.

Subito ci fu un grande momento di attenzione e sostegno alle povere popolazioni della valle e anche il re Vittorio Emanuele III volle venire a vedere di persona, sollecitando non solo gli aiuti per la povera gente del luogo ma anche il riconoscimento delle responsabilità. Purtroppo queste, anche per le testimonianze di alcuni operai che confermarono l’utilizzo di materiali scadenti, furono chiaramente accertate, ma poi in concreto i due principali accusati, colpevoli anche di aver cambiato il progetto originario in corso d’opera, senza un controllo effettivo da parte del Genio Civile preposto, scontarono poco più di un anno di carcere. 

Sappiamo tutti poi del disastro del Vaiont di circa 40 anni dopo. Evidentemente la lezione del Gleno non è bastata. Certamente ora tutti crediamo che le capacità tecniche e le procedure di controllo siano sufficientemente sicure ma ugualmente vogliamo ricordare questi avvenimenti perché non si abbassi mai il livello di guardia e si operi sempre nella natura con il dovuto rispetto per il creato e una attenzione ancor più grande per il benessere e la salvaguardia delle persone.