Sergnano, 14 settembre 2023

Tornano le trivelle.

La Stogit non demorde e, dopo la prima bocciatura da parte del Ministero dell’ambiente, regione Lombardia e provincia di Cremona, ha infatti deciso di presentare delle nuove integrazioni al progetto che prevede l’implementazione di 36 nuovi pozzi (su un totale di 38) per lo stoccaggio del gas metano tra Sergnano e Ricengo, alle porte di Pianengo, Campagnola Cremasca, e Casale Cremasco Vidolasco. Se la nuova documentazione venisse ritenuta sufficientemente completa da parte degli enti decisori, nei prossimi anni il territorio a nord di Crema verrà di fatto trasformato in un gruviera dove le trivelle lavoreranno per quasi un decennio.

Con buona pace degli abitanti che dovranno condividere i disagi derivanti da vibrazioni, rumori, polveri ed emissioni e della commissaria europea all’energia Kadri Simson che aveva sollevato dubbi sul progetto.

Chi volesse presentare delle osservazioni al ministero dovrà farlo entro il 23 settembre, ma sul sito del comune di Sergnano a oggi non ne viene data comunicazione pubblica. Un ritardo recidivo da parte dell’amministrazione comunale che si era verificato anche qualche mese fa in fase di prima presentazione del progetto da parte dell’azienda e che aveva scatenato la protesta da parte del comitato di cittadini del cremasco che aveva in tutta risposta convocato una assemblea pubblica per informare i residenti e chiedere trasparenza.

Sì tratta nello specifico di documenti tecnici integrativi di centinaia di pagine, pubblicate lo scorso 8 settembre, riguardanti gli studi geologici, di sismicità, di impatto sanitario e ambientale, di invarianza idraulica, di rispetto della biodiversità, del contesto agricolo e di viabilità che erano stati ritenuti insufficienti nella prima presentazione progettuale, e che il comitato aveva contestato in 40 pagine di osservazioni inviate al ministero dell’ambiente.

Il progetto dei nuovi cluster, se autorizzato, prevederà l’apertura di un cantiere della durata quasi decennale e consisterà nella chiusura mineraria, previo svuotamento, di 33 pozzi esistenti e tramite nuove trivellazioni la loro sostituzione con 36 nuovi pozzi di stoccaggio, con l’aggiunta di 2 ulteriori pozzi di monitoraggio e la realizzazione dei relativi stradali per garantire il collegamento alla centrale di stoccaggio esistente.

Da una prima lettura della documentazione si nota la presenza di numerosi capitoli dedicati alla sismicità indotta, poco approfondita in prima istanza. Emerge inoltre che lo studio di impatto sanitario considera solo gli abitanti di Sergnano e Ricengo, ignorando completamente i comuni limitrofi di Pianengo, Casale Cremasco Vidolasco e Campagnola Cremasca.

 Va inoltre ricordato che a oggi non esiste uno studio epidemiologico dell’area cremasca elaborato dall'Ats che sia in grado di descrivere con neutralità l'effettiva situazione epidemiologica del nostro territorio con evidenza delle concause di malattie e mortalità.

Inoltre, gli studi di impatto ambientale/sanitario sembrano non considerare con la dovuta attenzione il rischio derivante della componente di idrocarburi presente nel gas disperso in aria per le perdite fisiologiche e d’esercizio e che inevitabilmente ricade al suolo con rischio di penetrazione nelle falde acquifere. Aspetto che invece dovrebbe avere grande rilevanza in quanto l'area dell’attuale stoccaggio è in fase di bonifica e messa in sicurezza operativa da molti anni per contaminazione da benzene, idrocarburi e isomeri dello xilene.

Nel frattempo, con un procedimento parallelo, nonostante le rassicurazioni fornite dall’amministrazione comunale in assemblea pubblica, sta andando avanti anche l’iter per la sovrapressione dell’impianto, che consentirà di pompare nel sottosuolo a nord di Crema quasi tre miliardi metri cubi di gas.

Tutto questo nonostante in passato, il sito di Sergnano, non avesse ottenuto lo status di Pic (progetto di interesse comune), da parte della commissione europea, che finora non ne ha valutato positivamente il valore aggiunto dell'Ue. In generale ogni nuova infrastruttura energetica dovrebbe rispettare il principio "non arrecare un danno significativo" (principio Dnsh) e dovrebbe essere valutata attentamente alla luce degli obiettivi dell'Ue in materia di clima ed energia per il 2030 e il 2050.Un progetto, quindi, che per l'Europa ha poco a vedere con la crisi energetica. Da qualche anno l'Italia infatti è esportatore di gas verso l’unione europea, con 4,5 miliardi di metri cubi usciti dal nostro Paese nel 2022, quindi la sovra pressione, verosimilmente, potrebbe servire per rifornire gli altri Paesi nel Mediterraneo.