Crema, 18 aprile 2022

(Luigi Dossena) Arriva la peste. Ma a salvare Crema e i suoi abitanti, da anni martoriati dalla epidemia c'è S. Pantaleone. Il medico di Nicomedia (284d.C.) , secondo la credenza popolare, il 10 giugno 1361 appare sopra il Duomo ai cremaschi, stremati dall'epidemia. Dopo la sua apparizione e la preghiera corale dei cremaschi, la malattia, presente dal 1348, sparisce. Il santo viene nominato già a luglio di quell'anno, patrono di Crema e protettore della città. Il santo interviene contro la peste dopo che i cremaschi avevano invocato invano la protezione di S. Antoni, di S. Vittoriano e san Sebastiano. A C rema esisteva già un ospedale dedicato a S. Pantaleone (medico personale di Diocleziano). I cremaschi, dopo molti affanni, arrivano a pregare il medico santo e ottengono la sparizione della peste. Una sua reliquia è conservata nel Duomo di Ravello, dove il santo è patrono. Si tratta di un'ampolla che contiene il suo sangue rappreso che ogni 27 luglio, giorno della sua morte, si scioglie. Tempo fa la diocesi di Crema chiese un piccolo grumo di quel sangue, ma da Ravello venne un cortese rifiuto.

La costruzione del Duomo termina nel 1341 e sulla sua facciata, sopra il portale d'ingresso, era stato dipinto un affresco voluto da Luchino Visconti e dall'arcivescovo di Milano Giovanni Visconti, con una dedica a S. Ambrogio e raffigurante io santo e due rampolli della signoria dei Visconti.

Per quanto riguarda quei tempi., il territorio cremasco era punteggiato da torri di guardia. Il cremasco era terra di confine e spesso interessato da assalti di truppe nemiche. Ecco il significato delle torri d'avvistamento. Una delle più antiche, risalente all'anno Mille, dovrebbe essere quella di Azzano, visibile ancora oggi, alta circa 50 metri e posta al confine tra il cremasco, il milanese e la bassa bergamasca. Era anche una torre dove si tenevano i prigionieri. A questa torre fa da contraltare quella di Casaletto Ceredano, più bassa e ancora presente. Poi ce n'erano a Palazzo Pignano, Scannabue, Pieranica, Sergnano, nel cascina di Gavazzo (Casale Cremasco), Ricengo, Madignano, Ripalta Arpina, Ripalta Guerina, Montodine, Campagnola, Capergnanica, Izano, Moscazzano, Ombriano, Offanengo, Pianengo, Ripalta Vecchia (Marzale). Nelle torri c'erano sempre almeno due soldati, stipendiati dal comune di Crema perché facessero la guardia giorno e notte. A Crema c'era la torre del Pilastrello (oggi c'è ancora la chiesetta, in viale Europa). La località era denominata in questo modo perché si tramanda che all'epoca della palude del Moso, lì ci fosse un pilastro con sopra una lanterna accesa la notte e nei giorni di nebbia per rendere visibile l'attracco del porto.

A Crema a quell'epoca c'erano parecchi ospedali.

Ma questa è un'altra storia.


Nei disegni, il Duomo

S. Pantaleone

La torre di Sergnano

La torre del Pilastrello

La torre del Marzale

La torre di Azzano

1361 S. Pantaleone salva i cremaschi dalla peste

Il Duomo di Crema

Scorcio della città

Il Duomo con i due affreschi sopra la porta, ormai spariti


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(XI puntata)

Crema, 03 febbraio 2022

(Luigi Dossena) Nella seconda parte del XII secolo Federico I Hohenstaufen, meglio noto come Federico Barbarossa, cala in Italia. Nel 1155 dichiara guerra a Lodi e Como e riceve il sostegno alla sua sentenza imperiale anche di Gerardo da Crema, conte di Crema e figlio di Manfrido, gisalbertino conte di Offanengo. Crema ha un suo stemma, croce bianca su fondo rosso, ma che verrà sostituito da quello attuale, donato dal marchese di Monferrato con castello a Occimiano, su concessione del Barbarossa stesso. Di qui si pensa che la nostra città sia alleata con l'imperatore. Ma non sarà così perché... pecunia non olet. C'è da sottolineare un fatto importante: Barbarossa guarda con attenzione a Milano, alla quale toglie la possibilità di battere moneta e passa questo privilegio a Cremona. Siamo nel 1155. Tre anni più tardi il Barbarossa indice la dieta di Roncaglia con tutti i suoi dignitari e il suo seguito. Presenzia all'evento anche il cardinale Guido da Crema, in rappresentanza del Papa. Sono gli ultimi mesi di pace per la nostra città perché l'anno successivo, nel gennaio del 1159 Barbarossa sosta a Occimiano, in Piemonte, ospite del marchese di Monferrato nel suo castello. Qui vanno a trovarlo i cremonesi che gli propongono di assediare Crema in cambio di 15mila marche d'argento. Federico accetta e manda immediatamente i suoi ambasciatori a Crema con il compito di ordinare alla città di atterrare le mura e riempire il fossato. Siamo al 2 febbraio, festa della Candelora e i cremaschi rispondono picche alle richieste degli ambasciatori, cacciandoli malamente dalla città. Inoltre, per tutta risposta, Crema e Milano assaltano Lodi, fondata proprio da Barbarossa, ma il loro piano fallisce. Quando l'imperatore viene avvertito di questo atto di guerra, dà mano libera ai cremonesi, che marciano sulla nostra città.

E' l'inizio della fine.


(XII puntata)

Crema, 07 febbraio 2022

(Luigi Dossena) L'assedio. Nemmeno cento anni di vita, ma Crema ha già dimostrato carattere e il suo territorio fa da sempre gola a Cremona che cerca in ogni modo di ridurla al suo servizio. Dopo vari tentativi, tutti senza esito, Cremona trova la chiave giusta. Va dal Barbarossa e lo paga 15mila marche d'argento per distruggere Crema. Barbarossa accetta. L'assedio alla nostra città comincia il 2 luglio 1159 con la preparazione dei cremonesi che arrivano col carroccio condotto dal vescovo di Cremona Oberto da Dovera sotto le mura il 7 luglio. Tre giorni dopo arriva lo stesso imperatore Federico I Barbarossa con il suo esercito che si accampa a Porta Serio (a est), oltre il fiume che si poteva passare grazie a un ponte in legno. I cremonesi, invece, si erano accampati tra Porta Ripalta (a sud) e Porta Ombriano (a ovest). Qui c'era anche l'esercito di Corrado, fratello del Barbarossa. Il figlio di Corrado, con i suoi uomini, sono a Porta Pianengo (a nord) e la città è così circondata. In aiuto ai cremaschi arrivano da Milano 400 fanti condotti dal console Manfredo da Dugnano. Pavesi, lodigiani e comaschi si uniscono al Barbarossa. Mentre la battaglia infuria un gruppo di ambasciatori si reca dal papa Adriano IV per chiedere la scomunica di Barbarossa e far porre fine all'assedio, ma l'avanguardia cremasca non arriva in tempo perché il papa muore.

La battaglia infuria, gli assedianti costruiscono una macchina da guerra alta ben 40 metri, mai vista sino allora nelle battaglie in Europa fatta costruire dal cremonese Tinto Muso de Gatta. Barbarossa cerca di colmare il fossato facendo arrivare da Lodi 200 botti di terra, legname e altri 2000 carri di terra. La battaglia infuria e nel mese di dicembre Barbarossa ricorre a un espediente vigliacco: attacca sulla macchina d'assalto gli ostaggi cremaschi: 40 prigionieri che si frappongono, inermi alla difesa di Crema e vengono colpiti dal fuoco amico.

Per avere ragione della tenacia della città, Barbarossa ricorre agli studi di Vitruvio e Vegezio per preparare terribili macchine da guerra. Arriviamo al 6 gennaio 1160, quando un tremendo ariete riesce ad abbattere dodici metri di mura. Ma anche questo non è sufficiente e per far cadere la città serve un traditore. Una notte Marchisio (o Marchese) fugge e si presenta al Barbarossa. Lui è l'ingegnere che ha allestito la difesa e conosce i punti deboli. Si vende al nemico, fa costruire una macchina lunga 24 metri e larga quattro. Con questa macchina e le nuove conoscenze il 21 gennaio parte l'assedio finale. A quel punto i cremaschi mandano due ambasciatori a chiedere la resa, visto che tutto era ormai perduto. Giovanni de Medici e Alboino de Bonate sono ammessi davanti a Enrico il Leone, cugino del Barbarossa, duca di Sassonia. Con lui c'è Pellegrino, il patriarca di Aquileia. Viene stipulata la resa e i due cremaschi, in ginocchio davanti a Barbarossa, chiedono clemenza e pace. Barbarossa le concede. Finisce così il più lungo assedio del medioevo.

Ma quel che succederà dopo è un'altra storia. La prossima.


(XIII puntata)

Crema, 13 febbraio 2022

(Luigi Dossena) Siamo alla resa. Dopo sette mesi di assedio, quello più lungo di tutto il Medioevo, i cremaschi capiscono che non potevano più resistere e si arrendono. E' il 25 gennaio quando due emissari vanno dal Barbarossa per arrendersi. L'imperatore concede due giorni per uscire dalla città, dopo di che entrerà con il suo esercito. Sono 20mila i cremaschi del territorio ancora vivi che prendono le loro famiglie e le poche masserizie che possono portare via ed escono dalla città da Porta Pianengo. Il 27 gennaio alle 21 tocca a Barbarossa entrare, dopo aver issato la bandiera imperiale sul ponte della Crema. I suoi soldati e i cremonesi prima portano via quel che possono e poi danno fuoco alle abitazioni. Saccheggio e fuoco durarono fino al 2 febbraio. I cremaschi vi assistettero da lontano, accampati nelle campagne. Al termine, il Barbarossa lasciò Crema e a cavallo si diresse prima verso Lodi e quindi a Pavia. Da lì, nel mese di marzo l'imperatore dichiarò contumace papa Alessandro III e nominò papa Vittore IV, che ha vincoli di sangue nel cremasco, che però sarà antipapa, visto che non era stato eletto dal conclave. In quella data Barbarossa dichiarò l'impedimento a ricostruire Crema. I Cremonesi si portarono da Barbarossa e concordarono l'acquisto della giurisdizione di Crema per 10mila marche d'argento. Barbarossa consegnerà poi il territorio al cremonese Tinto Muso del Gatta, il costruttore della più grande macchina da guerra mai vista in Europa. Ma più avanti il vincolo con i cremonesi si guasterà irrimediabilmente.

Ma questa è un'altra storia. La prossima


(XIV puntata)

Crema, 18 febbraio 2022

(Luigi Dossena) Sono sette gli ecclesiastici che nel XII secolo fecero una gran parte della storia della Chiesa. Due furono antipapi, voluti dall'imperatore Barbarossa, non riconosciuti dalla Chiesa. Il primo fu il cardinale Ottaviano dei conti di Monticelli che divenne antipapa con il nome di Vittore IV il 7 ottobre 1159 e morì a Lucca il 20 aprile 1164. A lui succedette un altro cremasco, il cardinale Guido da Crema dei conti di Camisano, diventato antipapa con il nome di Pasquale III il 22 aprile 1164 e morto il 20 settembre 1168. Tra gli atti più importanti di Guido da Crema ci fu la canonizzazione di Carlo Magno, voluta fortemente dal Barbarossa, il 25 dicembre 1165.

Altri cinque cremaschi assunsero cariche importantissime nell'ambito della chiesa in questo secolo.

Il primo Adalberto da Gabbiano, diventato nel 1078 vescovo di Siena, nominato da papa Gregorio VII. Adalberto resta vescovo di Siena presumibilmente fino alla morte, sopravvenuta nel 1080.

Ruggero dei conti di Crema, prima vescovo e poi arcivescovo nato tra il 1058. Prima vescovo di Volterra nominato da papa Callisto II. Poco dopo, nel 1123, viene fatto arcivescovo di Pisa, mantenendo anche la diocesi di Volterra. Ruggero muore nel 1132 e viene sepolto nel vecchio duomo di Pisa.

Giovanni da Crema , cardinale originario dei conti di Camisano, nei primi anni del 1100. Giovanni da Crema è di famiglia Gisalbertina. Nacque intorno al 1060 e divenne cardinale nominato da papa Pasquale II. Ebbe uno scambio epistolare anche con S. Bernardo. Mandato dal papa in Inghilterra per risolvere questioni ecclesiastiche ottenne ottimi risultati, ma fu anche piuttosto chiacchierato, visto che, secondo alcuni documenti, un giorno venne scoperto dentro a un bordello. Forse per riportare sulla retta via quelle pecorelle smarrite. Tuttavia la sua grandezza non ne venne minimamente intaccata, tanto che alla sua morte, avvenuta nel 1129, venne sepolto nella basilica romana di S. Crisogono, chiesa che lui stesso fece restaurare e riportare a nuova bellezza.

Ottaviano Monticelli, antipapa con il nome di Vittore IV

Guido da Crema, antipapa con il nome di Pasquale III.

Oberto da Dovara, vescovo di Cremona, sul carroccio nell'assalto alla città di Crema del 1159, fautore della ricostruzione del duomo di Cremona distrutto da un sisma.

Ardizzo da Ripalta Arpina, dei capitani di Rivoltella. Fu cardinale di S. Teodoro.


(XV puntata)

Crema, 27 febbraio 2022

(Luigi Dossena) Pochi anni dopo la distruzione della città, in molti cominciarono ad adoperarsi per la sua ricostruzione. Tuttavia c'era da superare non tanto le resistenze del Barbarossa, ma il veto assoluto posto da Cremona. E a dire il vero i cremonesi non giocarono bene le loro carte diventando pochi anni dopo invisi al Barbarossa, che invece aveva cominciato a vedere di buon occhio i cremaschi.

Dopo la distruzione della città era rimasto in piedi solo parte del Duomo. Subito dopo la distruzione, nel 1160 Barbarossa nomina Tinto Muso de Gatta, costruttore della terribile macchina da guerra, conte dell'Isola Fulcheria. Due anni più tardi l'imperatore consegna i resti della città ai cremonesi, con obbligo a non ricostruire fortificazioni tra l'Adda e l'Oglio. Ma subito dopo il Barbarossa avoca a sé questi territori quale sua cassaforte e a Cremona nel 1167 viene stretto un patto contro il Barbarossa tra le città di Bergamo, Milano, Mantova e la stessa Cremona. Nasce la Lega Lombarda.

Dal patto, poco dopo, si sfila Milano che però accetta dai cremonesi la condizione di vietare la ricostruzione di Crema. Nel 1173 riunione della città della Lega Lombarda a Modena dove, tra l'altro, viene ribadito il divieto di ricostruire la nostra città.

La svolta avviene il 25 giugno 1183, quando l'imperatore incontra i rappresentanti della Lega Lombarda e firma un concordato nel quale, al capitolo 9, si vieta la ricostruzione della città ma, con un'escamotage, la clausola viene cambiata e l'11 febbraio 1185 in un incontro tra Barbarossa e i milanesi, si arriva alla concessione della ricostruzione. In questo incontro ci sono tre consoli cremaschi: Domerto Benzoni, Rogerio Osio e Benzo Bonsignori a perorare la causa della città.

In pompa magna, il 7 maggio 1185 l'imperatore Barbarossa traccia il solco entro il quale sorgerà la nuova città, un territorio più ampio di quello originale, che comprende i borghi vicini. Guglielmo marchese del Monferrato fa dono delle sue insegne a Crema, stemma tuttora in vigore. In quella data, nel Duomo di Crema, lo stesso Barbarossa è alla messa dell'arcivescovo di Milano Oberto Crivelli, futuro papa Urbano III, che benedice la ricostruzione.

Nel 1199 la cerchia muraria di Crema è ultimata con 21 torricelle e quattro torri grandi, quattro porte con ponti levatoi e 27 rioni.


(XVI puntata)

Crema, 7 marzo 2022

(Luigi Dossena) Nel 1205, solo vent'anni dopo la sua ricostruzione, Crema brucia. L'incendio ascia molti danni alla città, che però si sa riprendere. In quel tempo uno dei consoli cittadino si chiamava Pojani di Greppi Monticelli (o Monteselli). Di questa famiglia che parte da Vidolasco, sono noti due rami: uno andrà a Roma e l'altro si stabilisce a Verona, dove cambia cognome e diventa Montecchi. Proprio un suo discendete, Romeo, sarà protagonista dell'imperitura storia con Giulietta, scritta da William Shakespeare a fine 1500. A Roma, invece, ci sarà Ottaviano Monticelli, nato a Tivoli nel 1095 e diventato cardinale e poi antipapa con il nome di Vittore IV dal 1179 al 1184.

La famiglia dei Montecchi è a Verona nel XIII secolo, quando si scontra con Ezzelino da Romano e viene decimata. i superstiti si rifugiano in Friuli e in località sul lago di Garda, per poi tornare a Verona. Ezzelino invece troverà rifugio a Soncino, dove morirà in seguito alle ferite riportate in una battaglia.

Tornando a Crema, dopo l'incendio e la ricostruzione il signore di Crema è Buoso da Dovara (Dovera). Non si tratta però del Buoso da Dovara che Dante mette all'inferno. Quello, discendente del signore di Crema, apparirà verso la fine del secolo accanto ad Ezzelino, a Soncino.

Infine, dopo l'incendio viene aperta una nuova porta, quella di Ponte Furio. Il nome deriva da un soldato delle milizie di Barbarossa che venne trovato a difesa del ponte e che venne catturato dopo valorosa resistenza.


(XVII puntata)

Crema, 17 marzo 2022

(Luigi Dossena) Da Buoso da Dovara a... Buoso da Dovara.

Il primo fu attivo in città a cavallo del 1200, precisamente lo troviamo come signore di Crema nel 1209, mentre il secondo, quello che finisce nell'infermo dantesco, nel mare di ghiaccio dove stanno i traditori della patria, diventa anche lui signore di Crema nel 1266 e ci resta fino al 1276. In seguito è anche il dominus di Soncino, Romanengo (1281/1282); morirà nel 1291.

Buoso lo troviamo vicino al signore di Cremona Oberto Pallavicino e nel 1258 diventa il suo luogotenente. Comincia la sua carriera nel 1244 come podestà di Lodi, carica che gli concede Federico II. Carriera fulminante quella di Buoso perché diventa signore di Sabbioneta nel 1247 e l'anno successivo assume la carica di signore di Soncino per dieci anni, carica che in seguito diventerà perpetua e che lo vedrà signore anche a Orzinuovi e Treviglio e nel 1258 a Crema e, appunto a Cremona con Oberto Pallavicino, con il quale fa parte del partito dei Ghibellini.. Nel 1259 conclude un favorevole trattato con Venezia, tradisce la causa ghibellina per passare a quella guelfa e si scontra a Cassano d'Adda con Ezzelino da Romano, il quale in questa battaglia resta ferito, tanto che poco dopo morirà Soncino dove viene portato proprio da Buoso da Dovara come un trofeo. Il fatto che fa cambiare casacca a Buoso da Dovara è la discesa in Italia del re di Francia Carlo D'Angiò che conquista Napoli spalleggiato dai guelfi e poi sale nell'alta Italia. Buoso perde la signoria di Orzinuovi nel 1261 e quindi rompe don Oberto Pallavicino. Entrambi cercano di allearsi con la curia romana ma in questa corsa la spunta Buoso, diventando agli occhi di Dante il traditore della patria tale da metterlo nell'inferno, in quanto corrotto dal denaro del re di Francia. Carlo d'Angiò paga Buoso, al comando delle truppe ghibelline, affinché lui non dia l'ordine di attaccare le sue milizie, permettendogli di entrare in Cremona, sconfiggendo così Oberto Pallavicino. Grazie al tradimento, Buoso da Dovara diventa padrone assoluto di Cremona (1266). La pace dura poco perché l'anno successivo Buoso si scontra con i delegati papali.che scaccia da Cremona. Per tutta risposta il Vaticano lo esautora il 9 maggio 1267 e lui si rifugia a Pessina Cremonese, dove è rincorso e assediato e costretto a fuggire di città in città, fino a giungere a Verona. Ma anche da lì deve andarsene e trova rifugio in Spagna dove, nel 1271 offre i suoi servigi ad Alfonso di Castiglia, grazie al quale trova nuovo vigore e rientra in iItalia nel 1281, quando si impadronisce di Crema e di Soncino. Purtroppo l'alleanza non dura molto e Buoso si ritrova di nuovo solo fin tanto che nel 1291 arriva la morte.

Ma Buoso ha operato in questi anni anche molto a Crema. Ma questa è un'altra storia.


(XVIII puntata)

Crema, 25 marzo 2022

(Luigi Dossena) Il XII secolo si chiude con la morte per annegamento di Federico Barbarossa (10 giugno1190), in un fiume nel quale si era gettato con tutta armatura per rinfrescarsi. Il potere passa al figlio, Enrico VI che continua la politica del padre anche sulle nostre terre, inviando il suo console Drusardo. A Crema sorge una delle prime chiese dedicate a S. Francesco. Siamo ne 1221 e la chiesa di S. Francesco viene costruita dove oggi ci sono le poste centrali. E' di questo secolo la più grande glaciazione dell'era moderna. Siamo nel 1234 quando il Po ghiaccia dalla foce alla sorgente e con lui anche tutti gli affluenti, i nostri fiumi compresi.

La seconda parte del XIII secolo vede persone che vogliono arrivare al potere, famiglie contrapposte, eventi atmosferici inconsueti. In tutto questo gli uomini si danno da fare per accaparrarsi una fetta di potere, ma vede anche la costruzione del primo ospedale di Crema, nel 1277, da parte dei fratelli Bombelli. Sorgerà nell'attuale piazza Trento e Trieste, dove oggi c'è l'ex auditorium Cavalli, a sua volta succeduto alla chiesa di S. Spirito e S. Maddalena.

Ma dal ghiaccio si passa al fuoco, nella seconda metà del XIII secolo. L'uomo di punta della storia è Buoso da Dovara, abile capitano, ma anche sagace diplomatico e beffardo calcolatore, tanto che Dante lo mette all'Inferno, come traditore della patria. Cosa ha mai fatto Buoso, signore di Crema dal 1266 al 1276, poi cacciato, quindi ripreso dai nostri antichi concittadini., per finire all'inferno? Semplice. Il capitano giocava su due tavoli. In principio parteggiava per i Ghibellini, che dalle nostre parti erano rappresentati dalla famiglia Visconti, mentre più avanti passerà ai Guelfi, che risulteranno vincenti e per farsi perdonare la volta gabbana, darà una mano (leggi moneta) per cominciare la costruzione del Duomo. In tutto questo gioca l'astuzia di un sacerdote, Cassone da Milano il quale, mirando a diventare il numero uno della chiesa lombarda e al titolo di arcivescovo di Milano, comincia a tessere la sua rete proprio dalle nostre parti. Cassone capisce che l'ala vincete sarà quella dei Guelfi e quindi, nel 1278, arriva a Crema e con l'aiuto di Buoso da Dovara va alla caccia casa per casa dei Ghibellini, incendiando le loro abitazioni. Ne scaturisce un incendio incontrollato che distrugge gran parte della città. Ma ecco di nuovo arrivare Buoso che, forte della sua fortuna economica, mette in piedi un ambizioso progetto: ricostruire il Duomo meglio di prima, dotandolo anche di un campanile, studiato sulla forma di quello di Cremona.

Siamo nel 1284, quando i lavori partono. Tra un'interruzione e l'altra, si arriverà alla fine dopo parecchi anni. Senza Buoso, che muore nel 1291.

Il resto è un'altra storia.


(XIX puntata)

Crema, 13 aprile 2022

(Luigi Dossena) Sul finire del XIII secolo, Crema entra in conflitto con Milano a causa del potere temporale e spirituale. A riportare la pace sarà Venturino Benzoni il vecchio che farà da ambasciatore di Crema presso Milano. Siamo in piena contesa tra Guelfi e Ghibellini e a Crema il podestà Enrico da Monza si trova nell'imbarazzante situazione di dover ospitare prima i Colleoni (Guelfi) e quindi i Visconti (Ghibellini). Fortunatamente l'ospitalità non ha conseguenze. A quell'epoca i Guelfi erano padroni della città, mentre i Ghibellini stavano fuori dalle mura cittadine. A far da giudice viene chiamato Enrico VI che riceve Petrobono e Pasino Ardengo ma, come si sa, senza ottenere accordi. I cremaschi sono tenuti in gran considerazione a Milano e infatti nel 1309 Venturino Benzoni viene chiamato a partecipare alla trattativa per liberare l'arcivescovo di Cassone, fatto prigioniero dal cugino Guido Della Torre perché tramava congiure.

Sempre nel 1309 vengono promulgate le leggi cittdine, chiamate municipalia, che regolano la vita del popolo, mentre due anni più tardi ricomincia la lotta per il potere cittadino con il regio vicario Ottorino da Soresina costretto a fuggire a Milano. Qui Ottorino informa che a Crema Venturino Benzoni sta mettendo a ferro e fuoco la città. L'imperatore Enrico VII prende il suo esercito ed entra in Crema, ordina la pace e fa abbattere le mura federiciane e Venturino Benzoni fugge a Soncino. La sua fuga dura poco perché anche Soncino cade e Venturino viene giustiziato sulla pubblica piazza dal ghibellino cremasco Nazario Guinzoni.

La rivincita dei Guelfi arriva nel 1316, quando la famiglia Benzoni espelle da Crema i conti gisalbertini di Camisano (Ghibellini). Ma anche qui si tratta di vittorie effimere perché nel 1319 Matteo Visconti a Vailate sconfigge i cremaschi e mette fine al libero comune di Crema.

Nel 1321 arriva a Crema Pagano della Torre, patriarca di Padova e Aquileia, che prende il potere cittadino che terrà fino al 1335, quando Azzone Visconti rompe le promesse fatte a papa Benedetto XII e occupa con la forza la città. E' il 18 ottobre 1335 quando i cremaschi si arrendono e gli consegnano le sacre chiavi della città, simbolo del dominio ecclesiastico. Il simbolo cittadino, le chiavi, viene sostituito con il biscione, che sarebbe il drago Tarantasio, vissuto nel lago Gerundo, emblema dei Visconti.

Il resto è un'altra storia.