Crema, 27 novembre 2022

Crema, 11 maggio 1802, dal nostro inviato nel terremoto.

Sì, abbiamo la fortuna di avere il racconto di una persona che ha vissuto questa terribile avventura, così terribile che l'ha raccontata ai figli e ai nipoti perché a loro volta la raccontassero ai loro discendenti. Questa persona era il trisnonno del nostro storico e si chiamava anche lui Luigi Dossena. Ecco il suo racconto.

(Luigi Dossena) "Abito a Sergnano, ho 27 anni e faccio l'agricoltore. Ho campi e armenti a cui badare e il martedì sono a Crema per prendere parte al mercato dei bovini, in piazza Duomo, al caffè Parrelli (oggi Marini). Con il calesse , l'11 maggio, sono arrivato in città e poi, martedì 12 maggio, sono andato al caffè per trattare gli affari. Alle 10 ero seduto a sorseggiare una tisana calda. Mentre trattavo l'acquisto di venti vitelle da Francesco Benelli e discutevo sul prezzo, una tremenda scossa si avverte in tutta la piazza, seguita da altre due. Pietre e calcinacci caddero un po' dappertutto, le tre guglie del Duomo era a terra, la gente correva senza sapere da che parte rifugiarsi, le donne urlavano, i cavalli si imbizzarrivano e i bovini fuggivano, rischiando di incornare le persone che erano sulla loro strada. Le scosse erano del 7°/8° gradiodella scala Mercalli (entrata in uso 100 anni dopo). Fortunatamente, nonostante l'intensità del terremoto e le lesioni gravi riportate dagli edifici anche tra i più solidi, solo cinque persone rimasero ferite. Le scosse durarono sette secondi ciascuna e poi lasciarono spazio al dopo. Un manto purpureo si sparse sulla città e circondario.I pozzi d'acqua restarono all'asciutto, i cittadini fuggirono nelle campagne, mentre le autorità si rifugiarono nell'ortaglia del conte Zurla, nella parte nord della città, oltre la roggia Crema, fra via Bottesini e via Zurla, dove oggi sorge il Montessori. Pattuglie armate presidiarono le abitazioni per evitare l'arrivo dei predoni. Il 13 la polvere rossa diventò gialla, dal forte odore di zolfo. Un forte vento si alzò intorno alle 17, portando una pioggerella carica della stessa polvere. A Sergnano vennero visti globi di fuoco, a Rovereto si alzarono fontane sulfuree e altrettante di acqua gelata che restarono visibili per 24 ore per poi scomparire per sempre. Il 14 maggio si avvertì una nuova scossa e una massa di fuoco si alzò nel campo del mio campo del Marchesetto a Sergnano (oggi sede del deposito del gas della Stogit) che ricadde dividendosi in globi infuocati. Il 15 maggio si sentì un'ultima scossa alle 10 del mattino, che portò ancora paura. Poi più nulla, solo la conta dei danni e la richiesta di aiuto da parte dei cittadini che avevano avuto le case incrinate".

Quindi, il secolo si apre a nuove avventure. Ma questa è un'altra storia, la prossima.


Il Duomo danneggiato dalle scosse

Le crepe nella basilica di S. Maria

La chiesa di S. Maddalena con i segni del sisma

Le fontane di fuoco

Gli abitanti fuggono dalla città

I danni sul portone del Duomo

L'avviso per la richiesta di contributi per i danni subiti

Crema nel 1802




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Qui di seguito le altre puntate

(XLI)

(Luigi Dossena) La storia dei promessi sposi la conosciamo in molti, quello che non si sa è che l'intera vicenda ha radici molto profonde a Crema e nel cremasco. Alessandro Manzoni è parente dei Visconti (e quindi dei Benzoni) e anche per questo motivo, volendo ben guardare, lui sarebbe cittadino onorario di Crema, privilegio concesso al suo avo Giovan Battista Visconti e a tutti i suoi discendenti, nel 1570, quando sposa Paola Benzoni. Manzoni viene a conoscenza della vicenda di Paola Benzoni, ben presto vedova di Giovan Battista, con sei figli e, ancora giovane, desiderosa di risposarsi. Di qui il fidanzamento con Cottino Cotta, nobile della Valcuvia. Ma il parroco del Duomo, Gian Pietro Benzoni, parente di Paola, è contrario al matrimonio e pronuncia la celebre frase: "Questo matrimonio non sa da fare". Due dei sei figli di Paola Benzoni la rapiscono per impedire le nozze e tra questi c'è l'undicenne Francesco Bernardino, che in seguito commetterà nefandezze in serie, avendo al proprio soldo un manipolo di bravi. Il Manzoni scopre tutto questo e fa diventare Francesco Bernardino l'Innominato della sua opera. Sarà lui a far rapire Lucia Mondello e sempre lui a far dire a uno dei suoi bravi: "Questo matrimonio non s'ha da fare". Infine, sul finire del romanzo, ancora lui si pente e continuerà la sua vita in modo retto, come accadde proprio a Francesco Bernardino, morto a Crema, dopo aver girato, penitente, i conventi del cremasco per espiare le sue nefandezze. Ultimo parallelo, il lago di Como. Manzoni avrebbe voluto ambientare il suo romanzo nel cremasco, ma mancava il lago, visto che il Gerundo era da tempo stato prosciugato. Quindi, ecco il trasferimento sul lago di Como.

Per riassumere, Lucia Mondella è Paola Benzoni, l'Innominato è Francesco Bernardino Visconti, i bravi erano al servizio di Francesco Bernardino e c'è pure il parroco del Duomo che non vuole il matrimonio.

Manca ancora la peste manzoniana. Ma questa è un'altra storia, la prossima


(XLII)

e la peste riducono la popolazione di Crema a 6000 abitanti. La città però prima di questi eventi è preda di saccheggiatori che nei primi anni del 1600 mettono a dura prova la sicurezza del borgo.

Il primo evento drammatico è la peste, che anche il Manzoni inserisce come parte importante nei suoi Promessi sposi. Siamo nel 1630 e arriva la peste, portata da un soldato. Alessandro, barbiere di Montodine, lo rade e si prende il terribile morbo che poi spargerà in tutto il cremasco. Lo racconta il Canobio, parroco di Montodine e storico del tempo. La peste mieterà ben 10mila vittime nel nostro territorio, uccidendo un cremasco su quattro. Le persone infette vengono portate nel lazzaretto di S. Maria, mentre i cadaveri sono seppelliti a S. Bartolomeo, che da allora assumerà la dicitura 'dei morti'

Nel 1634 il podestà Antonio Faliero fa costruire a sue spese un portale in marmo, presente ancora oggi, per l'ingresso in comune.

Arrivano i terremoti. Siamo nel 1642 quando, nella notte del 14 giugno, una scossa lesiona parecchi edifici. La chiesa di S. Bernardino in città viene danneggiata. resiste al terremoto solo perché vincolata da tre grosse catene.

Nel 1644 apre in città la prima stamperia. Il comune dà la licenza a Giovanni Mambrini Tagliacarne e gli concede un sussidio di 200 lire annuo per pagare l'affitto della bottega.

Nel 1653 nasce il Ginnasio. Per questa scuola vengono assunti due maestri che insegneranno grammatica e umanistica. L'inaugurazione è del 21 maggio 1655 e la scuola sorgeva in piazza Moro.

Nel 1636 il Barbelli, al secolo Gian Giacomo Inchiocco, nato a Offanengo nel 1604, affresca la chiesa di S. Giacomo, in via Matteotti. Morirà per causa di un colpo di archibugio nel 1656.

Nel 1660 i lupi arrivano in città, a causa della carestia e del freddo molto pungente, alla ricerca di cibo. Quell'anno nevicherà così tanto che numerosi tetti vennero sfondati dal peso della neve.

L'anno seguente, 18 gennaio alle 5 di mattina, arriva un secondo terremoto. Anche in questo caso, lesioni agli edifici, ma non si lamentano vittime. E' riferito però un fatto anomalo. Il terremoto è preannunciato da una trave di fuoco che per giorni incombe sulla città. Probabilmente si tratta di un'esalazione di gas che fuoriesce dal sottosuolo.

Due donne assumono ruoli pubblici ed è la prima volta nella storia della città. Il 18 marzo 1666 il general consiglio incarica Maria Benedetta Branconio come deputata ai conti del mercato di piazza Duomo, mentre il 23 marzo 1669 assegna il ruolo di conduttore delle poste a Claudia Setteguaiti, con uno stipendio annuo di cento lire.

Il 14 gennaio 1676 muore a Venezia il compositore Francesco Caletti Bruni, che diventerà noto come Francesco Cavalli. All'epoca era così famoso che il re di Francia per musicare le sue nozze con la figlia del re di Spagna lo invita a Parigi. Suonò a palazzo reale, al Louvre e intrattenne rapporti di amicizia con il potentissimo cardinale Mazzarino.

Brucia la fiera di S. Michele, ma questa è un'altra storia, la prossima.


(XLIII)

(Luigi Dossena) Arriva la fine del mondo.Il 12 agosto del 1654 i cremaschi sono persuasi che sta per arrivare la fine del mondo. La Terra sarà distrutta da un enorme sisma, causato dall'imminente eclissi totale di sole. Folla di dame ai confessionali per salvarsi almeno l'anima. Ma... l'eclissi arriva e la Terra continua a girare. Forse troppe coscienze sporche dalle nostre parti, dove persino un prete partecipa a un assassinio. A morire, nel 1638 è il celebre architetto Francesco Tensini che cade sotto le pugnalate inferte da Giovanni Balis e da suo fratello, don Vincenzo sulla strada di S. Maria della Croce. In questa prima parte del XVII secolo un altro architetto dà lustro alla città di Crema. Si tratta di Marcello Alessandri, autore di numerosi progetti per la difesa delle città. Operò a Bergamo, Brescia e Venezia. A Crema regimentò lo sbocco del Cresmiero nel Serio per evitare esondazioni.

Nel 1649 a Crema arriva Anna Maria d'Austria, regina di Spagna e moglie di Filippo IV. E' il 28 maggio quando entra in città e viene ospitata dal podestà.

Arriviamo nel 1662 e vediamo Venezia impegnata contro i turchi e per finanziare la guerra a Crema vengono posti sotto sequestro i tesori dei conventi di S. Benedetto, S. Domenico e S. Agostino.

Nel 1676 la città è in lutto perché a Venezia muore il suo compositore maggiore, Francesco Caletti Bruni, detto Cavalli.

Arriva il teatro. Siamo nel 1688 quando al 1° piano dell'ala del palazzo comunale che volge a mezzogiorno viene inaugurato il teatro pubblico. Ma un grave fatto sconvolge la città. E' la notte del 28 settembre 1697 e siamo in piena fiera di S. Michele, con ambulanti che arrivano anche dall'estero per i loro affari. Siamo al di là del fiume Serio, quella che oggi è Castelnuovo (Quade) ed è l'una di notte. Da una delle 45 baracche adibite a stand parte una fiammata che in breve ghermisce tutta la fiera, riducendola a un cumulo di braci. Il danno stimato è di 200mila ducati e la fiera non risorgerà più dalle sue ceneri.

Passiamo il secolo, con i morti delle Tre bocche. Ma questa è un'altra storia, la prossima.


(XLIV)

(Luigi Dossena) Abbiamo passato il secolo e nel 1705 la roggia Comuna vede scendere le salme dei soldati morti nella battaglia di Cassano tra spagnoli e austriaci. Verranno recuperati 26 cadaveri che saranno sepolti in un cimitero che sorge ai margini della città, dove convergono tre rogge. Da allora il luogo sarà chiamato I morti delle tre bocche.

Nel 1708 a Milano va a fuoco il Salone Margherita, che era un teatro ma che sorgeva vicino all'archivio del comune di Milano, che vide bruciare documenti importanti. La notizia del devastante incendio arriva a Crema e il General consiglio ordina l'immediato smantellamento del teatro allestito nel palazzo comunale dal 1643 per timore che le fiamme possano distruggere non solo il teatro, ma anche tutto il comune e l'archivio storico. Viene deliberato di costruirne un teatro nuovo in quella che oggi è piazza Marconi. E' il primo teatro di Crema e l'ingresso guarderà via Bottesini. Serve materiale e si decide di smantellare la caserma sita al Quartierone e di riutilizzarne i mattoni (1716). Non saranno sufficienti e si andrà a prenderli anche nell'antica fornace di Vergonzana, della quale oggi resta ancora la ciminiera. L'architetto che coordina i lavori si chiama Pozzi e la prima pietra venne deposta da Camilla Benzoni, moglie del podestà Camillo Trevisan, il 28 luglio 1716. Nel nuovo teatro trovarono posto anche i cartoni delle scenografie, molti dipinti da Gian Giacomo Barbelli. Il nuovo teatro verrà inaugurato nel 1720.

Nel 1717 al posto della caserma del Quartierone viene eretto l'oratorio, sede dei frati che, idealmente, tornano nel posto dove, fin dal 1628, era sede di un convento, poi abbandonato a causa dei miasmi della palude del Moso. Poco prima però, siamo nel 1714, c'è una rivolta in atto. Ben 200 soldati si ammutinano e si asserragliano nel castello di Ombriano, dal quale poi tentano di fuggire, visto che la sorte della battaglia non arride loro. Saranno catturati e i capi dei rivoltosi portati a Porta Ombriano in ceppi dai soldati veneziani.

Il 1733 è un anno importante per la città perché il 25 maggio apre il primo ospizio dei malati incurabili che avrà ben 210 letti. Venne fondato da Francesco Gennari. Sempre in quell'anno, nel mese di giugno, scoppia la guerra tra l'Austria e la Francia, con la Serenissima che decide di restare neutrale. A Crema arriva l'ambasciatore Bragadini per controllare le sorti della guerra e porta con sé un giovanissimo Carlo Goldoni, allora 26enne..

Parte la conquista dell'aria e proprio a Crema ci sarà il primo volo italiano in mongolfiera, ma questa è un'altra storia, la prossima.


(XLV)

(Luigi Dossena) Gennaio 1784, a Crema si vola. Documento storico ritrovato in biblioteca che fa riscrivere la storia del volo in Italia. Il primo volo il mongolfiera avvenne in Francia il 5 giugno 1783 e in Italia il 13 marzo 1784 a Moncucco, anche se ci sarebbero documenti che provano che il primo volo avvenne alle porte di Milano il 25 febbraio. Ma non è così perché il primo volo in pallone avvenne a Crema nel mese di gennaio 1784. A volare su una mongolfiera fu il lodigiano Poli che probabilmente portò con sé anche passeggeri cremaschi, Giovan Battista Terni e il conte Tadini. Del fatto storico fa menzione lo stesso Terni che lo riporta nel suo manoscritto Memorie risguardanti Crema dall'anno 1759 al 1787. Cento anni più tardi, nel 1877, il sacerdote e storico Giovanni Solera riporta in un suo scritto il documento originale di Terni.I due manoscritti antichi si trovano nella biblioteca di Crema.

Siamo verso metà del XVIII secolo quando, nel 1730, muore Faustino, Giuseppe Griffoni Sant'Angelo, che fu vescovo di Crema per ben 28 anni e fu il primo cremasco a diventare vescovo della nostra città. In seguito verrà proclamato beato. All'epoca non si viveva molto bene in città a causa delle continue scorrerie di bande di briganti. Tanto che nel 1733 il podestà Pietro Loredan emana un proclama per combattere il brigantaggio. In esso si ripristina l'uso della cavalleria a difesa della popolazione e si mettono guardie sui campanili per controllare l'arrivo dei banditi.

Il 2 settembre 1741 viene messa la prima pietra della chiesa della SS Trinità; il capomastro è Andrea Nono.

Nel 1751 si assiste a una ribellione contro la Serenissima, soffocata nel sangue. Tre capi dei rivoltosi vengono impiccati in via Bartolino Terni, in un luogo che la gente chiamerà Cantù da la furca, mentre altre persone vengono condannate al remo, cioè inviate a Venezia e imbarcate a forza sulle galee, quali forzati. I condannati, ben 65, prima di essere inviati a Venezia, vengono fatti passare in città su dei carri perché tutti li vedano.

Il 24 settembre 1766 viene inaugurata la nuova fiera di S. Michele, avrà i box in mattoni, sarà composta da 45 botteghe e sarà ancora in via Cremona. La fiera manca dalla città da quasi 80 anni e intanto ha preso piede un'altra fiera, quella di S. Maria.

Due anni più tardi salta per aria la polveriera. E' la 17a volta che questo fatto accade. Il deposito delle armi e delle polveri era stato spostato da piazza del Duomo all'altezza del Cresmiero (viale Repubblica). L'esplosione è così potente che provoca danni in tutta l'attuale via XX Settembre. Si decide di portare ancora più in là la nuova polveriera, che viene costruita ai Morti delle tre bocche di Ombriano.

Siamo nel 1776 quando viene chiuso il Duomo. La cattedrale aveva problemi di staticità in quanto ai suoi lati c'erano fessure piuttosto rilevanti. Lavori di ristrutturazione vennero affidati al barnabita milanese Ermenegildo Pini sotto la direzione del cremasco Giacomo Zaninelli e durarono quattro anni. In questo lasso di tempo lìi fedeli si spostarono nella vicina chiesa di S. Francesco, situata dove oggi ci sono le poste centrali. Lì venne portato anche il sacro crocefisso. Nel 1780, a lavori finiti, il crocefisso venne riportato in Duomo con una solenne e partecipata processione.

Nel 1778 Giovan Battista Balis costruisce un filatoio di seta in via Griffini, dove sorgevano alcuni mulini. La seta cremasca era la più apprezzata di tutta Italia e rinomata anche all'estero, ma questo faceva ombra a Venezia che la boicottarono fino a farla sparire.

Andiamo verso la fine del secolo, quando Crema diventa repubblica. Ma questa è un'altra storia, la prossima.


(XLVI)

(Luigi Dossena) Ricco di accadimenti è il finale del XVIII secolo, con i francesi che sbaragliano la Serenissima e Crema che proclama la repubblica e anche con l'ingresso in città di Napoleone Bonaparte, accolto nella sala del consiglio dallo stato maggiore.

La repubblica di Crema nasce il 28 marzo 1797 quando un gruppo di italiani e francesi provenienti da Bergamo, città caduta due giorni prima, entra in Crema grazie ai giacobini che aprono loro le porte. Il drappello riesce a impadronirsi degli ingressi e disarma la guarnigione veneta, arriva dal podestà Zan Battista Contarini che viene fatto prigioniero e incarcerato con tutta la sua famiglia. Al governo della città sono chiamate dodici persone (nobili, possidenti e un religioso) che legiferano in nome del popolo sovrano di Crema. Il giorno successivo vengono eretti gli alberi della libertà, pali alti otto metri sovrastati da un berretto rosso. Gli alberi piantati si trovano in piazza S. Benedetto (oggi Garibaldi), davanti al vescovado (piazza Duomo) e nella piazza della chiesa della SS Trinità (via XX Settembre). Il 3 maggio un decreto dei dodici consiglieri abolisce i titoli nobiliari: tutti sono cittadini. Chi contravviene paga una multa e viene considerato nemico del popolo. In breve si passa a istruire i cittadini, spiegando loro, con una Società di pubblica istruzione, le verità tenute sin qui nascoste dai tiranni veneti. Poi si passa dalla piazza alle chiese. Il 23 maggio la municipalità decreta la confisca di tutti gli argenti presenti nelle chiese per devolverli alla Nazione cremasca. Subito dopo, con un proclama dello stesso Napoleone, è istituita la guardia nazionale sedentaria, composta da tutti i cittadini in grado di portare armi (preti esclusi). Francesco Martini viene nominato generale, mentre il colonnello è Francesco Albergoni. C'è anche un battaglione della speranza composto da bambini e ragazzi da 9 a 17 anni. L'ultimo atto della repubblica è del mese di giugno, quando con un editto si invitano i sindaci dei paesi del contado a innalzare alberi della libertà. Ma ormai siamo al tramonto. E' il 9 luglio quando i francesi spengono la luce sulla repubblica. E tutto questo nel nome di Napoleone, che era da poco passato per la nostra città.

Ma questa è un'altra storia, la prossima.


(XLVII)

(Luigi Dossena) Napoleone arriva a Crema. E' il 12 maggio 1796 e uno stanco generale arriva in città per ottenere informazioni sulla fuga del re di Francia, Luigi XVIII. Quest'ultimo però nella sua fuga non passa da Crema e Napoleone non può ottenere le informazioni che desidera. E' mezzogiorno quando il cavallo di Napoleone si ferma in piazza del Duomo. Il generale punta alla torre pretoria e quando sale le scale gli si fa incontro il podestà Zan Battista Contarini che lo porta nel suo ufficio. Con lui c'è anche il commissario Saliceti. Essendo mezzogiorno, il podestà organizza un banchetto, ma Napoleone, molto stanco e taciturno, prende solo una tisana di mirtillo. I francesi erano in guerra con gli austriaci e stavano vincendo su tutta la linea. I veneziani avevano scelto la linea neutrale, sperando di assistere alla battaglia da spettatori. Ma Napoleone il 10 maggio sbaraglia gli austriaci a Lodi che fuggono. I francesi li inseguono e depredano i villaggi e i cascinali cremaschi, terrorizzando gli abitanti che riparano in città. La guerra manca dalle nostre parti da 151 anni e i cremaschi sperano di sfuggire alla battaglia. Per questo Crema alza i ponti levatoi e chiude le porte, impedendo agli austriaci in fuga di passare per la città.

Gioca un ruolo importante il parroco di Ombriano, don Angelo Cerioli, che scrive preziose testimonianze su quanto accade e le nasconde dietro un quadro. Il manoscritto verrà ritrovato nel 1882 e testimonia quel che era avvenuto quasi cento anni prima.In esso si narra come la mattina del 12 maggio, alle 8, sotto le mura di Crema comparvero le truppe di Napoleone che entrarono a Ombriano, depredando le case per sfamarsi. Il parroco era a Capergnanica, dove viene spogliato di tutto da 12 soldati. Quando arriva a casa vede l'abitazione depredata e in chiesa scopre che anche lì erano passati i soldati. All'interno del tempio si erano rifugiate le donne con i loro averi, ma i soldati non si erano lasciati fermare dal sacro rifugio. Non riuscendo ad aprire le porte, erano passati dalla casa del parroco, si erano calati in chiesa e avevano aperto ai commilitoni che erano entrati a cavallo, portando via tutto quel che c'era da prendere.

Ma tre giorni prima da Crema erano passati gli austriaci in fuga. Per la verità dapprima avevano chiesto il permesso di far transitare quattro carrozze, piene di denaro e poi il generale Kerpen aveva avvertito il podestà Contarini, arrivato a comandare Crema solo il 28 aprile, che sarebbero passato con le milizie. E così il 9 maggio da Crema transitano 25mila austriaci in fuga da Napoleone.

E' l'inizio della fine del dominio veneziano a Crema. Ma questa è un'altra storia, la prossima.


(XLVIII)

(Luigi Dossena) Sapete che per transitare sul Ponte del Serio era necessario pagare una tassa? Nel 1733 viene stilato un tariffario. Il ponte, costruito nel 1683, era più o meno dove si trova oggi quello di via Cadorna. A guardia c'era un castello con tanto di soldati. Nasce solo nel 1769 l'accademia dell'agricoltura, chiesta a gran voci per molti anni dai possidenti terrieri. Non ha molta fortuna e dura solo 41 anni. Il suo consiglio era composto da 24 persone. Il 1769 dà i natali di Giacinto Zurla, che vede la luce a Legnago, ma che è cremasco di stirpe. Diventerà cardinale e assumerà il nome di Placido, arrivando fino a sfiorare la soglia di San Pietro.

Tempo di palazzi, il XVIII secolo, con la costruzione di palazzo Dossena in Borgo San Pietro, palazzo Benvenuti (oggi Arrigoni) in via Cavour, palazzo Carioni (oggi Ferrigno) in via Frecavalli, palazzo Benzoni (oggi Donati), in vicolo Marazzi. C'è anche un nuovo quartiere che prende il nome di Porta Nova che dà l'accesso alla città, sarà sede della polveriere e è situato all'altezza di quella che oggi è via S. Chiara. Inoltre le strade principali vengono dotati di acciottolato con lastra di pietra sui lati per far passare le carrozze.

Il secolo è percorso dall'arte della famosa cantante lirica Faustina Tesi. Sfortunata nella vita, si sposa e divorzia, mantiene il cognome del marito e gira il mondo cantando le liriche più famose. Morirà a Brescia, ancora giovane, nel 1781.

Intanto in città ha preso piede la setta dei massoni, che acquista sempre più potere. Ma quel che accade arriva fino a Venezia che ordina al podestà di coordinarsi con il vescovo Gardini e di estirpare la massoneria, ordine eseguito.

Anno importante il 1786 perché a Crema c'è il celebre architetto Giuseppe Piermarini che sovrintende i lavori per la costruzione del teatro, sempre in quella che oggi è piazza Marconi e sulle rovine del teatro precedente, che non ha resistito agli schiaffi del tempo. L'opera ha un costo esorbitante: 700mila lire, qualcosa come circa 35 milioni di euro di oggi. L'inaugurazione è del 24 settembre 1786 e in cartellone c'è il Demofonte di Metastasio. Da quest'anno le strade di Crema vengono illuminate. All'interno dei lampioni ci sono torce che gli addetti si preoccupano di accendere all'imbrunire e spegnere con il favore dell'alba.

L'anno successivo chiude gli occhi Giambattista Terni, il primo cremasco a volare nel cielo con una mongolfiera, a fine gennaio 1784. Lo racconterà in un suo manoscritto che, ritrovato nei giorni scorsi, cambia la storia del volo in pallone in Italia.

Ci affacciamo al XIX secolo, che sarà inaugurato da un terremoto, ma questa è un'altra storia, la prossima.