
Palazzo Pignano, 26 marzo 2021
Lunedì scorso è stato arrestato dalla Guardia di Finanza di MIano Rocco Cristodaro, da anni nel mirino delle forze dell'ordine perché sospettato di essere affiliato alla 'ndrangheta calabrese. L'arresto è conseguenza dell'inchiesta che vede implicato Cristodaro nel circuito hawala, una sorta di banca clandestina perlopiù utilizzata in Africa e in Medio Oriente attraverso passaggi di denaro in contante e compensati da una parte all’altra del mondo. L'arresto scatta per lui e per altre 15 persone.
L’inchiesta, coordinata dalla Guardia di finanza di Milano, non solo ha individuato il sistema hawala ma ha anche scoperto un inedito doppio livello rappresentato da professionisti italiani. Un livello fino a ora sconosciuto e del quale Cristodaro è definito come vero e proprio dominus. Cifre alla mano si parla di movimentazioni per 100 milioni di euro. Il solo Cristodaro in meno di un anno avrebbe movimentato oltre mezzo milione di euro attraverso 13 conti correnti a lui riferibili. Il denaro accumulato con il primo livello dell’hawala veniva triangolato dall’Italia verso Paesi esteri.
Le indagini in merito a Rocco Cristodaro cominciano 30 giugno 2009 quando Rocco Cristodaro, residente a Palazzo Pignano e commercialista di professione viene sentito come testimone nel processo milanese sugli interessi della ‘ndrangheta all’Ortomercato. Cristodaro non è imputato. Da quel momento le sue telefonate vengono ascoltate dalla Squadra mobile che indaga su fatti collegati e che riguardano Cosa nostra. Il giorno prima dell’udienza Cristodaro risulta in compagnia di Cinzia Mangano, figlia di Vittorio, ex stalliere di Arcore nella villa di Silvio Berlusconi. Con loro c’è anche Pino Porto, detto il cinese, proconsole di Cosa nostra sa Milano. Due indagini, dunque: una sulla cosca calabrese dei Morabito e una sugli eredi di Mangano. A tenerle insieme, c’è in parte anche Cristodaro assieme al fratello Domenico. Entrambi risulteranno depositari della contabilità di diverse società, quasi tutte utilizzate per accedere a finanziamenti bancari o per emettere fatture false.
I fratelli usciranno indenni da quella prima indagine. Nel 2016 Cristodaro tuttavia subirà un sequestro per 5 milioni di euro legato a un’importate evasione fiscale.
Unanime i commenti di partiti e associazioni cremasche.
"Il Presidio di Libera del cremasco ha sempre mantenuto alta l'attenzione e raccontato i fatti che hanno coinvolto Cristodaro in passato. Lo stesso già è stato condannato in via definitiva per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina ed è stato anche destinatario di un decreto di confisca (secondo il codice antimafia) di beni mobili e immobili per il valore complessivo di circa 5 milioni di euro. Gli inquirenti avevano scoperto una fitta rete di false aziende e prestanome e, avevano svelato i rapporti stretti con gli eredi di Vittorio Mangano, il famoso "stalliere di Arcore". Più volte abbiamo raccontato la pericolosità di lasciare visibilità e terreno fertile a chi aveva gestito i soldi dei Mangano. Ora è fondamentale una riflessione di tutti su come siano possibili questi fenomeni nel territorio cremasco. Soprattutto, è necessaria una spinta al riutilizzo dei beni confiscati (tra cui i molti dello stesso Cristodaro)".
Sinistra Italiana.
"Oggi è il tempo di aprire una discussione seria sulla lotta alle mafie che deve coinvolgere la politica, le amministrazioni locali e le associazioni competenti in materia che sul tema si spendono da anni, nell’ottica di sensibilizzazione e formazione affinché si forniscano tutti gli strumenti per contrastare il fenomeno quotidianamente. Un altro tema da affrontare è sicuramente quello dell’utilizzo dei beni confiscati, perché possano restituire culturalmente, socialmente ed economicamente, quello che è stato sottratto alla collettività. L’informazione è il primo strumento di lotta alle mafie, tema su cui urge, anche alla luce degli ultimi avvenimenti, prestare la massima attenzione. Questa battaglia di civiltà deve essere collettiva e non c’è più spazio per l’indifferenza".