Crema News - Un miracolo per credere

Cremasco, 16 gennaio 2022

02 Domenica ord C

La Parola: Is 62,1-5 Sal 95 1Cor 12,4-11 Gv 2,1-11::

Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 2,1-11

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: "Non hanno vino". E Gesù le rispose: "Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora". Sua madre disse ai servitori: "Qualsiasi cosa vi dica, fatela". Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: "Riempite d’acqua le anfore"; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: "Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto". Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: "Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora". Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.


Uno dei primi aspetti positivi della nuova esperienza della nostra unità pastorale di S.Giuseppe è sicuramente la possibilità, subito attuata, di poterci ritrovare noi sacerdoti, almeno una volta alla settimana, per un pranzo insieme e una condivisione fraterna di gioie, speranze e... problemi. Almeno in questo siamo in perfetto spirito evangelico, visto che Gesù pare abbia iniziato la sua opera di salvezza proprio con un pranzo di nozze, con già presenti i suoi discepoli, che lo accompagneranno fino a quella che, da duemila anni, è per noi la cena più importante e decisiva dell’intera storia umana, quell’ultima cena in cui Gesù ci ha consegnato tutto se stesso, il suo comandamento principale e il comando di fare questo in memoria di lui. Sicuramente l’ora a cui si riferisce, quella che non è ancora giunta, è proprio quella decisiva della sua offerta in croce, quando nuovamente Maria sarà presente e potremmo pensare pronta a ripetere le parole di oggi: fate tutto quello che vi dice. Se tutti i vangeli iniziano giustamente il racconto delle opere di Gesù in modo forte e decisivo per risvegliare subito nei lettori l’attesa delle meraviglie compiute da Dio per la nostra salvezza, dobbiamo riconoscere che S. Giovanni inizia proprio col botto: è come se in un attimo, dal momento della nascita, dell’inizio, ci catapultasse anima e corpo agli avvenimenti decisivi della nostra redenzione. Nel primo segno compiuto da Gesù per suscitare la fede dei suoi discepoli, di quelli allora presenti e di quanti, sulla loro testimonianza, son divenuti poi i discepoli di tutte le epoche storiche, è già tutto presente il mistero di rivelazione e di comunione col Padre che il Figlio amato è venuto a offrire a tutti gli uomini. La presenza del Messia in mezzo a noi, allora a Cana in modo personale e in forma umana, ma poi sempre reale e concreta nel mistero eucaristico celebrato nel memoriale della sua morte e risurrezione, è davvero ben significata dalla festa di nozze cui tutti siamo invitati. Come già avevano intuito i Padri dei primi secoli della cristianità, l’immagine delle nozze di Cana rimanda in modo esplicito alle nozze, alla unione della natura umana con quella divina, compiute proprio nell’incarnazione del Verbo di Dio, fatto uomo come noi e per noi. C’è da rimanere inebriati e quasi storditi da una verità del genere, ma non certo per la quantità esagerata di vino donata da Cristo, segno di rimando evidente a quel vino che rappresenta il suo sangue offerto in croce per gli uomini e sempre rinnovato da noi nel ricordo della celebrazione eucaristica che compiamo in suo nome. Per noi non si tratta più di giungere alla fede di fronte al suo primo segno. Conosciamo già l’importanza di quell’ultima ora che dà valore e significato a tutta la nostra storia, personale, comunitaria e universale. Non possiamo far altro che deciderci seriamente di seguire il Signore, nel ricordo fedele delle sue parole e delle sue opere, per essere sempre pronti e disponibili a proseguire la sua opera a favore degli uomini con il nostro servizio vicendevole, mettendo in pratica ogni giorno il suo comandamento dell’amore, vissuto come lui ci ha insegnato e mostrato.


Nella foto, don Natale Grassi Scalvini, autore della riflessione