Cremasco, 08 settembre 2024
XXIII ordinaria B
La Parola: Is 35,4-7 Sal 145 Gc 2,1-5 Mc 7,31-37:
Dal Vangelo secondo Marco Mc 7,31-37
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
Parola del Signore.
(Don Natale Grassi Scalvini) Si concludono proprio oggi a Parigi le Paralimpiadi, dove tra l’altro gli atleti italiani ha fatto davvero faville e ho scoperto che tra le tante categorie contemplate per gareggiare non vi è nessuna possibilità per i sordomuti, anche se delle gare riservate a loro si svolgono fin dal 1924, mentre le paralimpiadi solo dal 1960.
Non voglio discutere qui dei temi, tanto cari al politicamente corretto di oggi, di inclusività o rispetto per le minoranze, ma solo notare che Gesù da parte sua non fa differenze e proprio come conclude la folla: ha fatto bene ogni cosa… anche guarire i sordi e i muti. Certo fa un po’ specie che subito dopo raccomandi il silenzio e di non divulgare la notizia della guarigione, ma sappiamo bene che l’evangelista Marco ci tiene a ricordare questo strano atteggiamento di Gesù proprio per sottolineare come il divin Maestro non voglia essere conosciuto solo come guaritore del corpo, ma piuttosto come colui che è venuto a salvare tutto l’uomo e tutti gli uomini.
Il gesto raccontato oggi nel vangelo va ben oltre il semplice recupero della salute fisica del guarito. Innanzitutto non dobbiamo dimenticare che per la tradizione ebraica e quindi per i contemporanei di Gesù, qualsiasi difetto fisico o menomazione corporale erano segno evidente di una maledizione da parte di Dio per cui per questi tali non c’era neanche la speranza di far parte del popolo eletto, erano davvero gli esclusi e gli ultimi della società e senza loro colpa, diremmo noi. Proprio per questo la guarigione delle menomazioni fisiche, secondo le antiche profezie, diventa il segno più eloquente della venuta dei tempi messianici, proprio perché il Messia avrebbe tolto ogni male e ogni imperfezione nel popolo destinato alla salvezza.
Ma non possiamo dimenticare neanche il significato umano di questo gesto che fa rientrare a pieno titolo un uomo nel consesso dei suoi simili da cui era escluso per una menomazione davvero molto invalidante al punto da escluderlo quasi completamente dal rapporto con gli altri uomini chiuso nel suo silenzio assordante. Eppure proprio il richiamo a mantenere il profilo basso, in realtà diventa il momento più importante dell’intero racconto perché è una indicazione abbastanza chiara a cercare quel qualcosa in più che vuole essere il Signore Gesù: non fermatevi alla guarigione del corpo, cercate di più e meglio. Questo credo sia il messaggio profondo che il Figlio di Dio vuole far giungere ai presenti di allora e a tutti quanti sentono raccontare questo fatto. Non fermiamoci alla esteriorità degli avvenimenti raccontati su Gesù, ma cerchiamo sempre le ultime notizie e i significati più profondi, sapendo che lui vuole davvero salvare tutto l’uomo dai suoi limiti, dal suo peccato, dalla lontananza di Dio e quindi dal vuoto di una vita chiusa nel proprio silenzio solipsistico, come se ciascuno di noi vivesse chiuso nel proprio mondo.
Troppo spesso infatti vediamo tanti di noi, specialmente i ragazzi e più giovani, sempre connessi con il mondo virtuale dei loro telefonini ma spesso chiusi al rapporto semplice e diretto con i loro amici coetanei, con i genitori e con tutto il mondo reale che li circonda, salvo poi stupirci delle azioni compiute da alcuni di loro davvero incomprensibili e caratterizzate purtroppo da crudeltà e insensatezza.
Ancora una volta dobbiamo riconoscere che il vangelo non parla di un fatto lontano nel tempo e nello spazio, ma sta parlando proprio di noi e della nostra attuale situazione sociale e personale. Se non possiamo certo pretendere di cambiare lo stile di vita di tanti nostri contemporanei cerchiamo almeno di riconoscere che noi per primi abbiamo bisogno di Gesù per la nostra realtà personale, perché davvero ci aiuti a riaprire tutti i nostri sensi e quindi il nostro cuore alle situazioni vicine a noi, specialmente quelle che riguardano i più bisognosi di un aiuto o di un sostegno, sia materiale che spirituale, perché tutti possano ritrovare l’amicizia con Gesù e il senso profondo della loro vita, chiamata a essere manifestazione dell’amore di Dio nella costruzione del suo regno su questa terra.