Crema, 21 agosto 2022

(Luigi Dossena) Invitati 80, tra autorità veneziane, milanesi e spagnole e, naturalmente, i cremaschi più in vista e patrizi. A tutti questi si chiedeva di dare un contributo per la costruzione del nuovo municipio. Quello vecchio venne abbattuto perché Venezia volle un comune all'altezza della città e, per trovare i soldi necessari, ecco inventare un pranzo con sponsorizzazione. Fu un convegno da record mondiale, probabilmente ancora oggi imbattuto perché in due giorni e due notti vennero servite 1438 portate. Era l'11 febbraio 1526, ultima domenica di carnevale. A inventare la spettacolare kermesse fu il governatore Baglioni Malatesta e la fantasmagorica cena venne allestita nei palazzi Vimercati e Santangiolino. Quest'ultimo, sede della famiglia Griffoni Sant'Angelo sorgeva dietro il municipio, nell'odierna via XX Settembre, allora Contrada Umbriano. Qui si cominciò il pranzo, contornato di danze e musica. Al tramonto gli 80 convitati si spostarono nel palazzo di Sermone Vimercati, oggi in via Benzoni. Tra una portata e l'altra una compagnia recitò una commedia che tirò avanti fino alle due di notte. Tra gli invitati c'erano il podestà, il camerlengo, Simone della Rovere, Giovanni Borromeo, Ludovica Landriano contessa di Pandino, i capitani spagnoli e molti altri. Le strade centrali della città vennero dotate di bracieri e rischiarate per due notti consecutive. Esiste l'elenco delle 1438 portate che non stiamo a proporvi. Si sappia che furono serviti 70 primi e che non fu servito alcun piatto della tradizione cremasca (tortelli, bertolina, salva, castagnaccio, spongarda). Non è arrivato fino a noi quanti soldi sborsarono gli 80 convitati, ma di certo il loro contributo fu fondamentale per proseguire nella costruzione del palazzo comunale, progettato nel 1522, deliberato nel 1524, cominciato il 20 aprile 1525 e terminato nel 1540.

In quegli anni non c'era solo la costruzione del palazzo comunale, ma il grande maestro Pietro da Cemmo operava in città e, dopo aver visto a Milano il cenacolo di Leonardo da Vinci, dipinse una spettacolare Ultima cena e un grande Golgota nella sala a lui oggi dedicata al S. Agostino. La sua opera fu la prima dipinta dopo l'ultima cena di Leonardo.

Ma questa è un'altra storia.


La cena dei record

Ippolita Vimercati

Palazzo Santangiolino

Antico palazzo del comune

Pietro da Cemmo

La moglie di Francesco Vimercati, una Malatesta

Il gioco della dama e degli scacchi

Il nuovo ingresso del comune

Alcune delle 1438 portate elencate in un libro di storia


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Qui di seguito le altre puntate


(XXXI)

(Luigi Dossena) La battaglia di Agnadello, 14 maggio 1509, cambia le sorti di Crema e di gran parte del territorio, anche se non per molto. Le sorti della battaglia arridono al re di Francia Luigi XII, capo della lega di Cambrai, che vede con lui anche papa Giulio II. Il re è sceso in armi fino ai confini di Crema. L'esercito francese si scontra con quello della Serenissima. Alla testa dei francesi c'è il cremasco Gian Giacomo Trivulzio, entrato nelle grazie del re per avergli portato prigioniero Lodovico il Moro, a capo del ducato di Milano, famoso anche per la sua amante diciassettenne, Cecilia Gallerani, nata a Crema che resterà nella storia perché immortalata da Leonardo da Vinci. E' l'imperitura Dama con l'ermellino. Trivulzio riceve l'incarico il 26 marzo 1509. Intanto nel cremasco si mettono sentinelle su tutte le torri. Gian Giacomo Trivulzio è marito di Margherita Colleoni, parente di Bartolomeo Colleoni, il famoso condottiero con castello a Martinengo, ma anche con un palazzo in Crema dove fino a poco tempo fa c'era la sede della Provincia, in via Matteotti.

La battaglia, dunque. Le sorti della vicenda sono seguite da bordo campo (!) dai cronisti dell'epoca che attribuisco ai due eserciti da 20 a 50mila uomini ciascuno. In testa ai veneziani c'era il 67enne conte Nicolò Orsini con accanto Andrea Gritti, provveditore generale e futuro doge di Venezia. Tra le fila dei francesi c'è anche il famosissimo monsieur Jacques de La Palice, che morirà a Pavia nel 1525. Gian Giacomo Trivulzio prima della battaglia compie un sopralluogo dall'Adda al Tormo e schiera l'esercito a Vailate in modo da impedire i rifornimento agli avversari. La battaglia finale si gioca nei territori di Vailate, Agnadello, Cascine Gandini e Torlino. Alle 14 del 14 maggio cominciano gli scontri e i veneziani sembrano prevalere, ma alle 16 arriva un fortunale di inaudita violenza che dura tre ore, rende inoffensiva l'artiglieria veneziana e permette ai francesi di prevalere. Sul campo restano 14.600 soldati di ambo le parti.

Poi viene firmata la pace e il re di Francia viene nella nostra città.

Ma questa è un'altra storia, la prossima storia


(XXXII)

(Luigi Dossena) Ludovico il Moro non si è limitato alla cremasca Cecilia Gallerani, dalla quale ha avuto un figlio nel 1493, ma ha ottenuto le grazie anche di una seconda donna, anche lei cremasca e anche lei ritratta da Leonardo da Vinci nel celebre quadro La belle ferronière, oggi esposto al Louvre. Si tratta di Lucrezia Crivelli, nata a Crema, che era subentrata alla Gallerani. Ma nell'ultima parte del 1400 a Crema si susseguono episodi singolari. Nel 1457 i frati protestano per le loro condizioni e per attirare l'attenzione frate Bortolo sale le scale del palazzo comunale e arriva nella sala del podestà portando in spalla un asino che ha in groppa un sacco di farina. Due anni più tardi gelano tutte le vigne e il 27 maggio cade grandine grossa come uova (vi ricorda qualcosa?). Nel 1470 Crema è colpita da una grande inondazione e il Serio arriva fino a metà via Mazzini. Nello stesso anno nasce qui Vincenzo Civerchio, il più grande pittore cremasco. Infine, nel 1483 da Venezia risalgono il Po, l'Adda e il Serio quattro navi cariche di alimenti e masserizie che attraccano a Porta Ripalta. L'anno successivo si assiste a crollo delle mura federiciane tra Ponte Furio e il ponte levatoio e le pietre ostruiscono la roggia Crema.

Nella seconda metà del XV secolo dal nord arrivano gli ebrei che si stabiliscono nell'odierna via Manzoni (tra piazza Duomo e le quattro vie). Avviano l'attività sei o sette botteghe condotte da ebrei. La via era molto stretta (solo 120 centimetri) e alla sera le porte della strada venivano chiuse a chiave da un custode che riapriva la mattina successiva. In queste botteghe ci sono lavorazioni d'avanguardia per i tempi. Per esempio, in un documento si cita che a Crema, nella tipografia si dà alle stampe un libro 'alla maniera di Guteberg' cioè con i caratteri mobili. Tre ebrei ebbero gran parte nella storia. Uno era Moise da Martinengo, arrivato a Crema e subito sodale con altri due ebrei entrambi di nome Leone ed entrambi banchieri. Moise era il custode delle sostanze di Bartolomeo Colleoni (anche lui di Martinengo, dove oggi c'è ancora il suo castello). Colleoni viene chiamato a Venezia, dove si reca con i tre ebrei e dove il 24 maggio 1458 viene insignito del bastone del comando e fatto capitano generale. Ma alla morte del Colleoni (1475), che non figli maschi, ma solo femmine, i tre ebrei vedono la loro protezione terminare e si vedono costretti a lasciare Crema per Cremona dove, dietro pagamento di 10mila ducati, aprono tre banchi di vendita consorziati tra di loro. In uno di questi nasce il violino, che qualcuno dice aver visto i prodromi in una bottega a Crema, poco prima del trasloco degli ebrei a Cremona.

Ma questa è un'altra storia, la prossima.


(XXXIII)

(Luigi Dossena) Crema si arrende ai francesi, vincitori ad Agnadello, senza combattere. A convincerli alla resa è Socino Benzoni, che ricorda il massacro dell'assalto del Barbarossa. E' il 23 maggio 1509 e poco dopo, il 27 giugno, arriva in città, accolto con tutti gli onori, Luigi XII re di Francia, che resta due giorni a palazzo Benzoni. Durante il suo soggiorno, accompagnato da Socino Benzoni e Alessandro Benvenuti, visita la città e il ghetto ebraico, dove apprezza i libri stampati. Vorrebbe in regalo una preziosa edizione della Commedia di Dante, datata 1478, ma i cremaschi riescono a non consegnargliela, scambiandola con un boccale d'oro tempestato di gemme, un vassoio d'oro e argento e altri libri meno preziosi. Il re nomina governatore di Crema Bernard Ricaud che a sua volta fa eleggere un consiglio con 40 guelfi e 20 ghibellini. Ricaud resta solo fino al 4 settembre, quando viene sostituito da Jean Duras che fa togliere dalla città tutte le insegne e le sculture veneziane. C'è anche spazio per una vendetta del popolo. Qualcuno la notte del 23 aprile 1510 penetra in comune e dà fuoco ai libri pubblici, dove sono scritti i debiti pendenti, che diventano così inesigibili. L'anno successivo Socino Benzoni viene catturato dagli uomini della Serenissima e portato prigioniero a Padova, dove è impiccato sulla pubblica piazza per tradimento, condanna emessa da Andrea Gritti, sconfitto ad Agnadello, ma in seguito doge della Serenissima. C'è spazio anche per una curiosità. Un altro grande meteorite cade dal cielo a Bagnolo e uno sciame di piccoli meteoriti colpiscono Moscazzano, Montodine, Casaletto Ceredano e Abbadia Cerreto. Il meteorite è cosi grande che per trasportarlo deve essere messo su un carro. Sarà portato a Milano e poi a Parigi, al cospetto re. Il meteorite sarà fuso e col metallo saranno ricavate spade e coltelli praticamente indistruttibili.

Il 4 ottobre 1511 l'irrequieto papa Giulio II, insofferente del potere del re di Francia, fonda la Lega Santa, alleandosi con la Serenissima. Prima mossa a Crema del console Duras è quella di buttare fuori città tutti gli uomini da 15 a 60 anni. Ma l'assedio al borgo è imminente. Il 9 agosto 1512 Renzo Orsini dell'Anguillara, detto da Ceri, capitano della fanteria veneziana, arriva sotto le mura di Crema, trova gli espulsi che ingaggia per la ormai prossima battaglia, ingrossando a dismisura il numero dei suoi soldati. Comincia la battaglia di Ombriano che avrà un epilogo inatteso. Il comandante della guarnigione francese si accorda con Renzo da Ceri e, per denaro, tradisce e apre le porte della città. E' il 9 settembre 1512, quando Crema torna sotto la Serenissima, anche se la battaglia sarà ancora lunga e terminerà solo il 6 agosto 1514.

Un'ultima curiosità. In quel periodo imperversava Lucrezia Borgia, figlia del Papa Alessandro VI, nota come avvelenatrice dei suoi nemici. Ebbene, il confessore di Lucrezia era il cremasco frate Giovanni Antonio Meli, insegnante alla Sorbona di Parigi con una cattedra sulla pubblica provvigione e contro l'usura.

Ma questa è un'altra storia, la prossima.


(XXXIV)

(Luigi Dossena) Siamo nel 1512 quando Guelfi e Ghibellini si affrontano in città. Il governatore francese Duras li espelle e loro si organizzano militarmente a Montodine, Ombriano e Campagnola per preparare il rientro. A S. Bernardino costruiscono due ponti, sul Serio. La Serenissima invia Renzo da Ceri per dirigere le operazioni militari. In città ci sono due comandanti: Benedetto Crivelli e Gerolamo da Napoii. Il primo si sbarazza del secondo, facendolo uccidere e tratta segretamente la resa prima con Renzo da Ceri e poi con i milanesi. Renzo da Ceri si dimostra più forte e prende possesso di Crema il 9 settembre 1512. Ma la battaglia di Ombriano è solo agli inizi. A Bagnolo, in quello stesso giorno Santo Robatto, per i milanesi, schiera 10mila soldati svizzeri. Gli eserciti si fermano e partono trattative diplomatiche. La Serenissima vuole la Gera d'Adda, Brescia e Cremona e tratta con il re di Francia Luigi XII, visto che il campo della Chiesa era stato lasciato libero dalla morte di Giulio II (febbraio 1513). Luigi XII non è del parere di cedere e passa le Alpi con il suo esercito, ma non arriva dalle nostre parti perché viene sconfitto a Novara e ritorna in Francia. Ma sullo scenario della guerra si affaccia anche la Spagna, che guadagna le terre da poco conquistate dalla Serenissima, arrivando a minacciare Crema.

Nel 1514 Prospero Colonna raduna sotto le mura di Crema, soldati spagnoli, sforzeschi e svizzeri. Lui si accampa Offanengo, il comandante Silvio Sivello a Ombriano, Cesare Ferramosca a Pianengo. Renzo da Ceri trasforma la basilica di S. Maria, da poco finita, in una inespugnabile fortezza. La città accoglie 36mila tra persone e soldati, troppe per l'epoca e scoppia una terribile epidemia. La gente, spaventata, invoca S. Rocco ed erige una chiesa dove oggi c'è l'antico ingresso del teatro, ex banca, ora chiuso perché pericolante, in via Verdi. Alla fine le vittime furono ben 16mila.

La città resiste agli assalti e Renzo da Ceri, per pagare i soldati, requisisce i tesori del Monte di Pietà e della basilica. Inoltre fa battere una moneta propria che chiama Petacchia. Il 25 agosto 1514 ecco la mossa vincente. Renzo da Ceri divide in gruppi le truppe e fa una sortita a sorpresa. Il capitano Andrea Matria è ai Mosi, Giacomo Micinello a Capergnanica, Renzo da Ceri e il podestà Contarini a Porta Ombriano. La mossa riesce e i soldati cremaschi prendono alle spalle gli avversari che sono immersi nel sonno, rovesciando le sorte della battaglia e vincendo definitivamente.

E Crema torna sotto l'egida della Serenissima, aprendo un lungo periodo di pace.

Ma questa è un'altra storia, la prossima.


(XXXV)

(Luigi Dossena) Siamo nel 1520 quando in città entra il nuovo podestà, Andrea Foscolo il quale, per festeggiate, fa mettere mastelli pieni di vino Malvasia in piazza del Duomo. E' l'anno nel quale si costruisce quella che oggi è piazza Garibaldi che allora venne chiamata piazza del Castello. Due anni prima Crema aveva pianto la morte di due illustri cittadini: Bartolino da Terni e Gian Giacomo Trivulzio.

Le alleanze militari e i giochi di potere continuavano incessanti e la storia passa anche dalle nostre parti. A Offanengo, in casa di Santo Robatto, il 5 ottobre 1524, si tiene un'importante Dieta, un consiglio di guerra al quale partecipano il duca di Borbone e il marchese di Pescara rappresentanti di Carlo V, vicerè di Spagna, Carlo di Lannoy, Francesco Sforza II, duca di Milano, il capitano generale della Serenissima e il governatore di Milano Girolamo Morone. Nello stesso anno il cremasco Nicolò Amanio diventa podestà di Milano.

E' comunque tempo di pace e i cremaschi decidono di fare qualcosa di bello per Crema. Il 9 luglio il consiglio cittadino presieduto dal podestà veneziano Giovanni Moro, decide la costruzione del nuovo palazzo comunale facendo demolire il vecchio. Viene costituita una commissione di quattro persone: Pietro da Terno, Carlo Zurla, Stefano Barbetta e Gioacchino De Marchi. L'anno successivo, il 20 aprile con una solenne processione viene portata la prima pietra del nuovo municipio, un quadrato di marmo che viene posto vicino a una statua della giustizia e sistemato da quattro sacerdoti. L'inizio della costruzione viene certificato dal notaio Giuliano Bravo, seguito dai discorsi di Giacomo Filippo De Ferraris, vicario dei vescovi e del conte Guido Benzone, provveditore del cremasco. Il nome dell'architetto che firmò il progetto non è certo e si fanno quattro ipotesi: Sermone Vimercati con la moglie Ippolita Sanseverino, Pietro da Terno e Vincenzo Civerchio, unico tra i quattro ad avere il titolo di architetto. Per finanziare la costruzione venne organizzata una cena con ben 1438 portate.

Ma questa è un'altra storia, la prossima.