Dal territorio, 13 gennaio 2025
( Annalisa Andreini) Tempo di zuppe...e che zuppe!
Un ritorno di fiamma nelle cucine degli italiani, cremaschi compresi, per le zuppe fresche rivalutando le verdure di stagione e i legumi in un mix di salute e benessere.
Da quelle più tradizionali e contadine a quelle più ricche e sfiziose vengono preparate homemade con una particolare attenzione alla scelta degli ingredienti per un grande elogio delle cotture lente.
Per chi non avesse tempo di acquistare le verdure, preparare e rimestare i supermercati si sono riforniti di comode monoporzioni che basta scaldare.
Nuova tendenza o felice ritorno al passato?
Il ritorno al passato di una cucina popolare è la risposta giusta poiché le zuppe sono note fin dall’antichità: la Bibbia ci parla di una zuppa di lenticchie, nelle pagine di economia domestica al tempo degli Etruschi e dei Romani le zuppe pullulano (e rappresentano tuttora la base della cucina mediterranea).
Durante il periodo del Rinascimento agli ingredienti basilari si aggiungono i nuovi arrivi provenienti dal Nuovo Mondo: patate, pomodori e fagioli, ma anche spezie come noce moscata e cardamomo.
Le zuppe, del resto, sono sempre esistite nella quotidianità contadina, che utilizzava le verdure al famoso chilometro zero e le cascine del territorio cremasco ne erano un grande esempio, nell’insieme della gastronomia lombarda.
Grande la presenza delle cocurbitacee (zucche e zucchine) ma anche di verze, cavolo nero e cavolo cappuccio.
Non solo verdure però, anche le erbe selvatiche fresche ed essiccate, i funghi, le castagne, le noci e persino le bacche e i germogli raccolti nei campi.
E anche nella tradizione cremasca si prediligeva la prevalenza delle stufature (della cipolla soprattutto come base), delle bolliture prolungate: siamo sempre stati più di cucchiaio che di forchetta, come dimostrano le terrecotte e i “brunzì” (pentole per minestre con i quattro piedini) ritrovati nel tempo.
I legumi venivano essiccati e poi utilizzati in zuppe e minestre, che costituivano l’intero pasto.
Un pasto che diventava completo con l’aggiunta del pane o del riso a scapito della pasta(meno utilizzata) e di una parte grassa( solitamente il lardo battuto al coltello fino a essere ridotto
in poltiglia).
Oggi la predilezione è quella di unire verdure, legumi (fagioli, piselli, ceci, lenticchie e fave) e cereali come orzo, farro o avena e preparare zuppe dalla consistenza più densa e cremosa che brodosa.
E in effetti l’economia cremasca, che per secoli è stata prevalentemente agricola, sta rivivendo un nuovo ritorno, sia per ragioni etiche che per ragioni economiche.
E anche per motivi di gusto, evidenziando notevoli cambiamenti rispetto alle abitudini degli anni Ottanta e Novanta, in cui le zuppe erano pressoché assenti.
Un grande ritorno anche per le tazze e le ciotole che le contengono, che sono di gran moda nei negozi di casalinghi.
La zuppa dunque conquista tutti e tutte le età, giovani compresi che ne hanno notevolmente incrementato il consumo, tanto che in Italia il fatturato delle zuppe fresche( presentate poi sui banconi in soluzioni allettanti e colorate) è arrivato a superare i venti milioni di euro.
L’ideale rimane prepararla in casa, con una cottura lenta, che sprigionerà negli ambienti della cucina i tanti profumi dei ricordi.
Qualche ricetta della tradizione cremasca?
Ris e curada( riso e polmone lessato e tagliato a pezzetti fin quasi in poltiglia), ris e làt caldo (un grande classico) e minestra da taedèi.
E una ricetta più al passo con i tempi?
La zuppa di lenticchie zucca delicata del nostro territorio con crostini di pane al rosmarino.