Crema, 22 luglio 2024

(Bernardo Zanini) L’origine della Panàda è sicuramente molto antica, il cognome Panada è attestato nel medioevo a Brescia nel 1158, e potrebbe riguardare chi ne faceva uso o la preparava. Si può dire che è un piatto tipicamente contadino, saziava le famiglie nei periodi di magra, veniva usato anche negli ospedali, nelle convalescenze e preferito anche dagli anziani senza denti a cui aggiungevano un bicchiere di vino. Ogni regione italiana ha una ricetta propria, in base a quello che era disponibile nelle dispense.

Negli anni ’30 l’Italia era soggetta a sanzioni per la guerra in Etiopia e in Abissinia, per cui tutto veniva riciclato, erano tempi in cui la carne scarseggiava anche nelle famiglie agiate e nessuno si sognava di fare footing, per mandà zó la pànsa.

La Panàda, cioè il pancotto, era un ottimo sistema per riciclare il pane raffermo, che veniva fatto a pezzi e poi messo a bollire in una pentola di brodo per ore. Ne risultava una papòta sana e genuina, era il piatto della povertà, della miseria desolante che esisteva anche a Crema e nelle campagne.

In quei tempi, quando i bambini erano dai nonni, per tenerli occupati e tranquilli e anche per imparare qualcosa di nuovo, i nonni insegnavano delle filastrocche:

Al didù lè ’ndàt nal fòss,

so papà al l’à tiràt sö,

i sò fradèi i l’à sügàt,

al quart al g’à fàt la panàda

e l’ültém al l’à mangiàda.

Traduzione:

Il pollice è caduto nel fosso,

suo papà l’ha tirato su,

i suoi fratelli l’hanno asciugato,

il quarto ha fatto il pancotto,

e l’ultimo l’ha mangiato.

Questa filastrocca cremasca, anche se è infantile, riflette i temi del salvataggio, dell’amore tra i fratelli e quello che hanno i padri verso i figli. La Panàda nella lingua dialettale del cremasco è diventata di uso comune anche per svariati modi di dire, se una persona si alzava al mattino ed era ancora addormentato, gli si diceva: ghet la crapa ampanàda. E’ diventata anche un termine canzonatorio per quei tipi che "iera mia an bòla, i gha disia, lè mia che ta ghet l’urégia ampanàda?"

A Brescia e nel suo territorio esiste una filastrocca che quando ero bambino ho sentito anche a Crema:

Crapa pelada al gha fat i tùrtèi

e ia mia dat ai sò fredéi,

i sò fredéi i gha fat la panàda

e i la mia data a crapa pelada.

Traduzione:

Testa pelata ha fatto i tortelli,

e non li ha dati ai suoi fratelli,

i suoi fratelli hanno fatto il pancotto

e non l’hanno dato a testa pelata.

A Milano e nel suo territorio al posto della panàda c’è la frittata, la canzone è stata scritta da Tata Giacobetti negli anni 30 e musicata da Gorni Kramer per canzonare un personaggio calvo che era a capo del governo.

È stata reinterpretata e riscoperta in molte regioni in varie forme ed è entrata nell’immaginario collettivo cremasco e italiano. Il suo viaggio dal folclore fino a oggi, dimostra la potenza delle tradizioni orali, nella conservazione della memoria collettiva.