Crema, 22 febbraio 2024

(Boris Parmigiani) Sabato 14 febbraio, presso la sala Frà Agostino da Crema del museo civico della città, si è tenuta la conferenza storica Esodo Giuliano – Dalmata e campi di raccolta profughi, un’iniziativa resa possibile dal Touring club di Crema in collaborazione con l’Araldo, dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e col patrocinio comunale.

Mario Cassi, presidente dell’Araldo, ha ricordato il cremasco Tommaso Caizzi, esule zaratino, figura di spicco che si espresse sempre in occasione delle cerimonie commemorative del periodo delle foibe. È grazie al suo impegno come uomo pubblico e consigliere comunale del vecchio Msi che abbiamo l’intitolazione della piazza Trieste in Trento e Trieste, della piazza Istria e Dalmazia e delle vie Zara e Nazario Sauro.

Ospite dell’evento Anna Maria Crasti, originaria di Orsera d’Istria, esule istriana e vice presidente dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia del comitato di Milano, che ha iniziato la relazione spendendo parole in merito alle figure degli esuli che, a seguito dell’occupazione dei partigiani comunisti slavi, sono stati costretti ad abbandonare tutto, dalle abitazioni, alle loro famiglie e ai loro amici, per emigrare altrove.

Proseguendo, la Crasti ha ricordato le diverse fasi di utilizzo delle foibe: inizialmente in Istria nel ’43, quando il crollo del regime fascista permise ai partigiani di occupare la penisola istriana. Nel 1945, una fase più lunga e sanguinosa ebbe il suo epicentro nei territori di Gorizia e Trieste, quando al collasso dell’Asse, i partigiani uccisero migliaia di fascisti, militari, cittadini italiani e slavi collaborazionisti. Questi massacri vengono ricordati con il nome della tipica conformazione del Carso, una specie di grotta naturale o artificiale che sprofonda nel sottosuolo e dove i partigiani gettarono i corpi di centinaia delle loro vittime. La maggior parte delle morti avvenne nei campi di prigionia.

Il 25 aprile dello stesso anno i militari dell’esercito slavo sbarcarono a Istria e, in una settimana, presero il controllo del territorio, iniziando la terza e più terribile fase dell’infoibazione: essere gettato vivo nelle foibe.

Il 1° maggio Trieste venne occupata da Tito e migliaia di persone vennero torturate, uccise, mandate nei campi di concentramento. L’8 maggio Trieste venne liberata dall’occupazione titina dalle forze alleate che necessitavano del porto triestino per raggiungere l’Austria.

Il 18 agosto 1946 avvenne la strage sulla spiaggia di Vergarolla, a Pola, causata da un’esplosione di materiale bellico che provocò la morte di centinaia di persone, di cui solo 64 furono identificate. Le autorità stabilirono che questi ordigni furono fatti esplodere da persona o persone ignote.

Con la strage di Vergarolla iniziò l’esodo. Gli esuli non vennero più considerati di cittadinanza italiana, l’Italia cedé alla Jugoslavia l’isola di Pelagosa e le isolette adiacenti, e in Istria rimasero solo le persone anziane. A seguito dell’emigrazione forzata di contadini e pescatori, che contribuivano a mantenere vivo il tessuto produttivo, l’economia della Jugoslavia subì un forte rallentamento.

Una tragedia nella tragedia, questo esodo, perché le persone costrette a emigrare hanno perso i contatti con gli affetti più cari e i punti di riferimento, per raggiungere nazioni diverse dove ritrovare il lavoro e la dignità.