Crema, 01 novembre 2024
(Bernardo Zanini) L’industria e la caccia al caro estinto non sono una trovata moderna escogitata dalle agenzie del settore per farsi concorrenza, esistevano anche nei secoli passati. Nell’anno di grazia 1559 a Crema, una lite furibonda era scoppiata al mattatoio che era vicino alla chiesa di Santa Chiara. Un tale di nome Mario Marabotto litigando con altri venne ferito mortalmente e si trascinò al vicino convento di San Francesco che sorgeva dove oggi ci sono le poste e lì era morto. I buoni frati francescani celebrarono il rito funebre. Dopo qualche giorno scoppiò un contenzioso tra i Francescani e i canonici del Duomo che reclamarono il cadavere del Marabotto che era pur sempre un loro parrocchiano. La lite andò avanti per qualche tempo e i canonici del Duomo si appellarono all’autorità papale a Roma. I cardinali, esaminata la causa, condannarono i frati Francescani a restituire la salma del Marabotto con tutte le offerte raccolte durante il funerale. Impotenti e obbedienti i Francescani l’otto gennaio del 1660, restituirono il corpo del Marabotto a chi spettava di diritto. All’esumazione della salma si radunò tutta la cittadinanza e molti arrivarono con largo anticipo dai paesi del cremasco per non perdere lo spettacolo.
Tra i tanti personaggi di Crema deceduti nei secoli, nessuno si ricorda più dal sacrista del Duomo. Correva l’anno1578 quando in seguito a un furioso temporale il pinnacolo centrale della facciata del Duomo cadde aprendo una voragine nel tetto e rovinando in testa a Nicolò di Oldo, uccidendolo. Nicolò era un sacrestano premuroso che si era affrettato a chiudere le porte del Duomo per non far entrare l’acqua e il vento. Per ragioni di sicurezza si decise di demolire anche gli altri due pinnacoli che furono ricostruiti tra il 1913 e il 1916.
Negli anni Trenta a Crema e nel Cremasco, si assoldavano delle donne che venivano a piangere le persone decedute prima del funerale, per aumentare il cordoglio e far pensare che molti gli volessero bene.
In una tradizione veneziana a Crema nel 1700, si credeva che nella zona chiamata ancora oggi delle Murie, fosse il regno dei lemures i fantasmi dei trapassati ed era un luogo paludoso pieno di fuochi fatui che, secondo la credenza popolare, erano le anime dei defunti senza pace che vagavano nella palude, per cui i veneziani facevano delle processioni per fare in modo che le anime dei morti non potessero entrare in città.
Il culto dei morti a Crema e nel cremasco ha origini antiche, basta pensare a tutte le santelle dedicate ai morti della peste, o anche di battaglie come ai morti delle Tre Bocche, di Ricengo, e anche dèla Bùsa d’Aghet e alla cappella dei mortini di Castelnuovo, dove la pietà popolare li ha fatti diventare numi protettori del luogo, attribuendogli delle grazie ottenute dopo incidenti e malattie e si trovano ex voto fatti con un cuoricino d’argento inquadrettato.