Bagnolo Cremasco, 08 luglio 2024

(Valentina Ricciuti) Ultima estate a Bagnolo Cremasco. Dal prossimo autunno, non appena sarà pronta la nuova location di Milano, Davide Simonetta lascerà il suo studio, ricavato in quella che era l’abitazione della sua famiglia nel centro del paese cremasco.

"Sono più di 15 anni che produco canzoni qui - racconta Davide Simonetta, - quando le pareti di questo studio erano isolate con le scatole delle uova. Con gli artisti partiamo sempre dal piano superiore, davanti alla macchinetta del caffè che si trova nella cucina di quella che era la casa dei miei genitori... e poi, scendendo le scale, si arriva davanti a questo pianoforte". 

Cosa rende questo posto magico anche per gli artisti con cui hai lavorato? 

"Amano la tranquillità del luogo, che vedono come bucolico: già durante il viaggio, uscendo da Milano, quando da Paullo cominciano i campi, mi dicono che per loro è come una sorta di villeggiatura, di trasferta lavoro in campagna". 

Ti va di raccontarci il dietro le quinte dei tuoi grandi successi?

"Ci sarebbero milioni di aneddoti. Quelli che mi vengono in mente ora sono quelli più divertenti: Fedez che, per sfuggire ai fan assembrati fuori casa, esce da questa finestra che affaccia su una strada secondaria e sale di corsa sul van che lo aspettava per recuperarlo. Blanco che, per liberarsi attraverso la musica con un approccio quasi primitivo, ha cantato qui in mutande".

E i tuoi successi? 

"Qui ha preso corpo Due vite di Marco Mengoni: ricordo la notte trascorsa per trovare il giusto ritornello, la cosa più difficile di quella canzone. Anche Bellissima di Annalisa è nata qui. Mi metto a totale servizio dell’artista per capire quello che vuole comunicare, sia a livello emotivo, sia musicale: parliamo tanto, tantissimo e suono tanto. Creiamo insieme il suono come se fosse un vestito su misura".

Come trascorri le tue giornate?

"Ho una vita basica. Divido il mio tempo tra la mia compagna e questo lavoro. Se non ci fosse lei probabilmente starei tutto il tempo in questo studio a lavorare. Anche se per me questo non è lavoro. L’unico motivo per il quale mi trasferisco a Milano è per vivere meglio la mia vita sentimentale, evitando di perdere tre ore al giorno in auto, come succede a ogni pendolare. 

Ti mancherà il tuo studio? 

"E' il luogo dove sto meglio in assoluto, dove ho studiato tanto e dove continuo a farlo. Con i Capo Nord, il primo gruppo, provavamo proprio qui: mille esperimenti, mille sogni, come quello di fare il cantante, che poi è naufragato. Le delusioni, i pianti, le risate e i successi. Adesso non tornerei per nulla indietro".

Vuoi raccontarci del nuovo studio?

"Non so cosa succederà a Milano. Il nuovo studio avrà impatti sulla mia vena creativa? Non lo so. Ma io vivo nell’insicurezza. Parto sempre da questa mia situazione interna. L’energia devi creartela tu. Serviranno sicuramente un po’ di canzoni per prendere confidenza dei nuovi spazi e anche per questo il nuovo studio assomiglierà molto a questo. Sarà ovviamente più grande e lì metterò tutti gli strumenti musicali che qui non riescono a trovare posto (e che Davide sa suonare ndr). Ma questa stanza manterrà una magia, un qualcosa di inspiegabile, credo irriproducibile. Si merita un addio come si deve". 

Cosa è cambiato nel modo di fare musica?

"Vent'anni fa non si usava il computer. Tutto era molto più artigianale e per cambiare un ritornello bisognava suonare di nuovo tutto sempre da zero. Si utilizzava un otto tracce mentre adesso basta un click per sistemare la parte che non va". 

E il tuo rapporto con il cremasco?

"La provincia mi mancherà nei suoi aspetti semplici. La passeggiata in centro, la colazione e le chiacchere di vita quotidiana al bar. I commenti durante una partita di calcio. Il fatto di essere provinciale, che io non perderò mai nella vita, è per me un valore aggiunto che vorrò sempre preservare. Fare le cose con il sorriso, senza secondi fini e con quella semplicità senza infrastrutture, che può fare a meno di instagram, o altri social. Lo scorso annoi fa ho ricevuto l'onorificenza di cittadino dell'anno in comune e nell’occasione ho rivisto gli amici delle elementari; chi è passato a salutarmi ha semplicemente voluto festeggiare con me senza gelosia o secondi fini e mi ha fatto piacere. In quel premio ci siamo tutti dentro, questo è il vero senso di comunità. Una cosa che può avvenire solo nelle nostre realtà, dove c’è vera amicizia. Qui c’è tutto di me: il posto del primo bacio, la mia prima birra, quando mia mamma è venuta a prendermi dopo che mi ero nascosto perché avevo capito di aver fatto una cavolata e non volevo tornare a casa. Se non mi fossi innamorato da qui non me ne sarei mai andato".