Crema News - L'importanza di stare insieme Dopo la scalata, don Natale Grassi Scalvini condivide un momento di pausa

Cremasco, 02 giugno 2024

Corpus Domini

 

La Parola: ​​Es 24,3-8  Sal 115  Eb 9,11-15 Mc 14,12-16.22-26:

 

Dal Vangelo secondo Marco ​​Mc 14,12-16.22-26

 

Il primo giorno degli àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: "Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?". Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.

Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio». Dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. 

Parola del Signore.

 

(Don Natale Grassi Scalvini) Anche quando si va in montagna uno dei momenti più belli e gradito a tutti, è il fermarsi insieme al rifugio per un buon pranzo ristoratore. Gesù ci conosce molto bene ed è entrato davvero in pieno nella realtà umana perché dimostra di dare una importanza incredibile al momento conviviale attorno a una tavola imbandita. Infatti, se scorriamo il vangelo, non solo notiamo quante volte Gesù si ferma volentieri a casa di qualcuno per condividere il pasto, ma possiamo anche notare come alcuni dei suoi insegnamenti e parabole più importanti e belle le abbia proposte proprio ai suoi commensali durante una cena. Non ci stupisce allora che l’ultimo atto umano, prima di iniziare il tremendo momento della passione e morte per arrivare alla risurrezione, sia proprio una cena, quell’ultima cena che sarà ricordata e rinnovata nei secoli proprio per il suo comando esplicito di fare questo in sua memoria.

Prima di riflettere perciò sul fatto che sia l’ultima, cioè il saluto finale di Gesù ai suoi discepoli prima di andare a morire in croce per la nostra salvezza, credo sia cosa buona e giusta soffermarci sul fatto che sia una cena, cioè un momento conviviale, gradito a tutti, anche allo stesso figlio di Dio fatto uomo, che sembra quasi dispiaciuto di non poter più bere del frutto della vite fino al compimento del regno di Dio. In effetti alle nostre eucarestie, ricordo e ripetizione di quell’ultimo momento di Gesù con i suoi amici, manca un po’ di vino. Non mi riferisco al fatto che in realtà nelle nostre celebrazioni solo il sacerdote normalmente beve un goccio di vino, ma perché mi pare che manchi davvero quella gioia che magari un goccio di vino e di bella convivialità potrebbe aggiungere per ricordare in pienezza quell’ultima sera di Gesù con i suoi amici. 

Abbiamo notato tutti come Gesù prima di uscire e andare verso la sua passione si sia messo a cantare. Certo un inno sacro e religioso, ma comunque prima di andare a morire Gesù ha cantato con i suoi discepoli.

Non possiamo dimenticare che quando il nostro Signore dice di fare questo in sua memoria si riferisca soprattutto al dovere di imitare la sua offerta totale, sentendoci quindi tutti chiamati ad amarci gli uni gli altri come lui ci ha amato fino a dare la vita per i propri amici. Ma ugualmente sarebbe bello che il nostro ricordo di lui sia caratterizzato anche dalla gioia di stare un po’ con lui, felici di passare un po’ di tempo della nostra settimana in compagnia del nostro amico Gesù. Se pensiamo a quante messe abbiamo invece sopportato o partecipato in modo distratto se non addirittura insofferente perché non finisce più e continuano a cantare e il prete è lungo e tante altre disgrazie che ci possono capitare in chiesa, probabilmente dovremmo sentirci un po’ in colpa, certamente fuori posto e fuori tema. Non nego che qualche volta anche noi sacerdoti possiamo dare l’impressione di superficialità o distrazione, giustificando così anche alcuni modi di partecipare alla Santa Messa in modo banale.

Son convinto però che sempre più tocca a tutti noi cristiani, clero e laici, il dovere di sentirci pienamente responsabili di questo gesto così importante nelle intenzioni del Signore Gesù al punto da lasciarci proprio in questo momento il testamento decisivo del suo insegnamento sull’amore, e il segno più grande della sua presenza in mezzo agli uomini. 

Non abituiamoci mai alla celebrazione eucaristica, impegniamoci a trovare ogni volta un motivo importante e decisivo per migliorare la nostra partecipazione perché sia sempre più viva e fruttuosa per la nostra vita cristiana e ci permetta di riconoscere sempre con gioia la presenza e l’amore di Gesù per tutti noi e per l’intera umanità e poter così un giorno partecipare alla gioia perfetta nel regno dei cieli.