Dal territorio, 13 febbraio 2025
Al termine di una complessa attività d’indagine diretta dalla Procura Distrettuale della Repubblica di Brescia, il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Brescia e il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata stanno arrestando 12 persone indagate per aver costituito un’associazione per delinquere di stampo mafioso per commettere reati tributari.
L’attività si sta sviluppando nelle province di Brescia, Torino, Verona, Reggio Emilia, Modena, Cremona, Milano, Monza-Brianza, Mantova, Varese, Catania e Reggio Calabria, nonché in Spagna e Svizzera, con l’impiego di circa 300 militari, avvalendosi del supporto dell’Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione giudiziaria, del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia nell’ambito del progetto I-Can (Interpol Cooperation Against ‘Ndrangheta), e delle forze di polizia spagnole e svizzere.
Le società e i soggetti coinvolti, circa 70, nel collaudato sistema di fatture per operazioni inesistenti, sono destinatari di sequestro preventivo pari a oltre 8.5 milioni di euro, quale provento delle condotte delittuose investigate.
I provvedimenti eseguiti costituiscono l’epilogo di complesse attività di indagine, anche transnazionali, avviate a partire dal mese di giugno del 2019, che hanno riguardato l’operatività in territorio bresciano di un’associazione per delinquere di matrice ‘ndranghetista, originaria della provincia di Reggio Calabria, egemone nella zona compresa tra i comuni di Melia di Scilla e San Roberto, al cui vertice vi era un soggetto già condannato per associazione di stampo mafioso a Reggio Calabria.
L’attività investigativa ha permesso di documentare una simulata rapina operata nei confronti di un corriere che aveva ritirato denaro contante per circa 600mila euro - frutto della monetizzazione delle fatture per operazioni inesistenti - da soggetti cinesi dimoranti nella chinatown milanese; la sottrazione delle credenziali dei conti correnti accesi in Bulgaria dove gli introiti del disegno criminoso venivano dirottati, grazie all’ausilio di una commercialista bulgara e dei rappresentati legali delle cartiere estere; gravi condotte intimidatorie, perpetrate mediante l’ostentamento di armi da fuoco durante gli incontri con i membri del primo sodalizio, al fine di imporre agli associati di tale consorteria di trasferire l’intero “pacchetto” di società precedentemente gestite e di assoggettarsi alla neocostituita associazione di stampo mafioso.
L’attività investigativa ha effettuato accertamenti bancari e sequestri di denaro contante per circa 450mila euro, destinato alle cosche reggine.
In dettaglio, l’associazione di stampo mafioso si è avvalsa di oltre 30 società tra cartiere estere (ubicate in Bulgaria, Ungheria, Slovacchia, Svizzera e Croazia) e filtro italiane che, nel periodo di indagine, hanno emesso fatture per operazioni inesistenti nel settore del commercio delle materie plastiche per oltre 365 milioni di euro in favore di imprenditori compiacenti, localizzati prevalentemente nelle province di Brescia e Mantova.