Spino, 21 febbraio 2024
(Gianluca Maestri) L’associazione Gruppo Vita organizza per venerdì sera alle 20.30, presso l’oratorio femminile di via Della Vittoria 1, un incontro sul libro Mio figlio. L’amore che non ho fatto in tempo a dirgli, di Marco Termenana, edizioni Csa.
Introduce la serata il dirigente dell’istituto comprensivo spinese Enrico Fasoli, modera la psicologa Eleonora Piacentini. Per l’amministrazione comunale, che ha concesso il patrocinio alla serata, interverrà l’assessore alla cultura Marco Gobbo. L’evento è sponsorizzato dalla Willchip International di Milano.
Il romanzo è ispirato al suicidio del ventunenne Giuseppe, il primo dei tre figli dell’autore, che in una notte di marzo del 2014, apre la finestra della sua camera all'ottavo piano di un palazzo a Milano e si lancia nel vuoto.
Con lucidità impressionante e senza mai cadere nella retorica, la storia racconta il (mal) vivere di chi si è sentito sin dall'adolescenza intrappolato nel proprio corpo: la storia di Giuseppe è infatti anche la storia di Noemi, suo alter ego femminile.
Tragedia non solo di mancata transessualità ma anche di mortale isolamento, al secolo hikikomori (termine giapponese che significa stare in disparte).
Marco Termenana spiega: “Mi ha fatto molto piacere raccogliere l’invito di un’associazione il cui scopo principale è la prevenzione del disagio giovanile. È doveroso ripetere che ho scritto solo per ritrovare Giuseppe perché il dolore era ed è terribile e se non avessi trovato un adeguato meccanismo compensativo, impazzivo, ma se attraverso quello che ho raccontato posso aiutare, sono felice. Solo con il valore aggiunto generato attraverso la mia testimonianza, poi, credo che avrò dato un senso all’inutile e stupida morte di Giuseppe.
“Nel suo racconto Termenana fa spesso riferimento alle difficoltà che suo figlio Giuseppe ha avuto nel portare avanti i rapporti con la società -afferma l’assessore Gobbo- tuttavia, così come Giuseppe sono molti i giovani che oggi preferiscono evitare la realtà e isolarsi in un mondo proprio nel quale spesso anche i genitori faticano ad entrare. Tante e forse troppe sono le cause di questo stato di malessere. Tra queste vi è senza dubbio il ruolo giocato dalle istituzioni che spesso dimenticano che ogni giovane ha il diritto di essere fragile in un mondo che alcune volte è troppo stretto ed altre sembra enorme.”
Adele Marturini, presidente dell’associazione “Gruppo Vita–Odv” conclude: “Da quando sono venuta a conoscenza della storia di Giuseppe sono rimasta colpita da come questo malessere porti ad un epilogo così tragico. Parlandone con l’associazione e con la psicologa è emerso come anche nella nostra comunità il disagio legato all’hikikomori e identità di genere stia aumentando nei nostri adolescenti. Da qui la volontà di ascoltare la testimonianza di Marco Termenana”.