Crema News - L'importanza del perdono Don Natale Grassi Scalvini, autore della riflessione

Cremasco, 17 settembre 2023

XXIV Domenica ordinaria  anno A ​

 La Parola: ​​Sir 27,33-28,9  Sal 102  Rm 14,7-9 Mt 18,21-35:

Dal Vangelo secondo Matteo Mt 18,21-35

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».


Parola del Signore.

(Don Natale Grassi Scalvibi) In questi giorni abbiamo avuto come ospite gradito in casa parrocchiale mons. Alain Clement, vescovo di Odienné, in Costa d’Avorio, conosciuto alcuni anni orsono quando per gli studi di teologia era qui in Italia e aveva collaborato in alcune nostre parrocchie. Tra le tante cose belle che ci siamo detti c’è stato anche un invito pressante da parte sua a ricambiare al più presto la visita in Costa d’Avorio. Certamente quando si tratta di esperienze piacevoli il pensiero di doverle ricambiare ci riempie di gioia. Un po’ meno quando si tratta di essere pronti a ricambiare quello che ci dà fastidio. La parabola che Gesù ci presenta oggi vuole proprio impostare anche il dovere fondamentale per il cristiano del perdono al fratello non sulla nostra personale bontà o buona disposizione verso il male compiuto dagli altri, ma molto semplicemente dalla coscienza che in realtà il perdono che concediamo è il dovuto ricambio per quello che tutti noi abbiamo già ricevuto dal Padre celeste. L’impostazione errata della domanda da parte di Pietro dipende proprio dal nostro comune sentire: noi siamo quelli a posto, siamo quelli buoni e siamo quelli che devono perdonare gli altri che sono invece cattivi. Dobbiamo allora innanzitutto liberare il nostro cuore da questa innata e profondamente radicata presunzione di innocenza e bontà.

Per chi si crede perfetto la predica finisce qui e la parola di Gesù non ha niente da dirci. In realtà però il nostro primo compito è sempre quello di riconoscere con onestà e sincerità i nostri errori e le mancanze personali, quelle che ci permettono di incontrare e fare esperienza del perdono di Dio. Se uno non si sente amato e perdonato almeno una volta come può pretendere di perdonare fino a settanta volte sette? Il gioco del ricambiare qui potrebbe essere misurato proprio su questa misura. Gesù ci chiede di essere pronti a perdonare così tante volte perché lui, che ci conosce bene nel profondo, sa che in effetti noi siamo già stati perdonati in una simile misura; anzi secondo la parabola addirittura molto ma molto di più di quanto siamo chiamati a concedere ai nostri fratelli. Il nostro attuale modo di pensare, il cosiddetto buon senso comune della nostra società, tutto imperniata sui diritti e sulla nostra assoluta libertà personale, tende a convincerci che noi abbiamo sempre ragione, che noi siamo le persone più buone e giuste, perché facciamo parte della parte migliore della nazione e abbiamo anzi il dovere di insegnare agli altri a comportarsi bene e a pensare e agire in modo giusto e politicamente corretto secondo le scelte dei maestri del pensiero moderno.

Non dico certo che sia necessario giungere alle auto fustigazioni o a certe manifestazioni, ormai folcloristiche, di processioni penitenziali, ma una buona dose di realismo e autoconsapevolezza dei propri limiti e dell’egoismo che guidano le nostre scelte e azioni, credo sia davvero necessaria a tutti noi.

I racconti di gesta scriteriate, che causano poi incidenti, sofferenze e morte, sempre presenti su tutti i mezzi di comunicazione ogni giorno, forse ci convincono che noi così pazzi e scatenati non lo siamo. Per fortuna!!! Ma ugualmente è necessario fermarci un po’ di più in silenzio e preghiera per riuscire a guardarci dentro, pronti a riconoscere il bisogno di amore e perdono, sempre esaudito poi dal nostro Padre celeste, per riuscire ad imitarlo e a ricambiare lo stesso dono d’amore e perdono verso tutti i nostri fratelli.