Ripalta Cremasca, 06 giugno 2025
(Annalisa Andreini) “Ogni grande vetta inizia con un primo passo”.
È questo il senso profondo della serata organizzata ieri sera dall’alpinista Montodinese Filippo Maria Ruffoni.
Il racconto del raggiungimento della vetta himalayana del Mera Peak( 6476 metri), la sua ultima avventura sportiva a metà maggio scorso , è partito proprio da un luogo caro al conte Leonardo Bonzi, che nel lontano 1954 ha reso possibile la scalata del k2, insieme a un cartografo, trovando una via di salita.
Provetto alpinista, Bonzi nel corso del tempo ha aperto ben 17 nuove vie di ascensione alle montagne più alte di tutto il mondo, tra cui l’Himalaya.
“Il Mera Peak è una montagna tecnicamente facile - ha raccontato Ruffoni facendo scorrere le immagini di fronte a un pubblico attento - ma consente di comprendere se il tuo corpo è in grado di continuare o meno il cammino, che ho affrontato insieme ad altri cinque compagni di viaggio di una Federazione Alpinistica Russa, tra cui era presente Maria Sukhanova, detentrice del record di salita del Denali in Alaska. È un altopiano ghiacciato con due campi base (a 4900 m e a 5400 m) e un campo avanzato( 5800 metri) da cui è iniziata l’ascesa. Una zona che ha subito molti influssi del turismo ma una sua caratteristica è legata strettamente alla vita della popolazione locale: nove giorni di cammino per 100 km totali passando per due passi, attraverso i sentieri dove vive la comunità”.
L’alpinista cremasco ha rimarcato anche il loro senso religioso molto forte: “Il popolo nepalese lavora con molta dignità, è riservato, pulito nei confronti dell’ambiente, si rivolge alla montagna con molto rispetto, come se fosse una divinità e non ama farsi fotografare”.
Le bandierine colorate, mostrate in un’immagine, rappresentano proprio le invocazioni e le preghiere, che i viandanti affidano al vento.
Emozionanti anche le immagini dell’alba, con i suoi colori spettacolari, e della linea delle nuvole, degli ampi spazi e dei panorami mozzafiato come anche degli ospedali da campo, dei rifugi e delle piccole cappelle religiose in cui poter pregare ( il popolo nepalese è perlopiù buddista) incontrate durante il percorso.
Sono i portatori locali (le guide di montagna) ad accompagnare il gruppo di alpinisti, che hanno una grande resistenza fisica e non sentono il cosiddetto male di montagna, perché queste imprese richiedono impegno, fatica e una lunga preparazione.
Filippo ha parlato anche delle condizioni meteo non semplici con anche delle nevicate importanti ed escursioni termiche notevoli tra giorno e notte.
Due i gagliardetti cremaschi portati orgogliosamente in vetta: del Cai di Crema, sezione alpinismo, a cui Filippo è molto legato, e del Panathlon Club Crema, di cui è socio da un anno.
Qualche curiosità? L’assaggio del ginseng nepalese, che cresce in modo spontaneo nelle montagne del Nepal e il cibo trovato durante il percorso: alcuni piatti locali con patate e verdure ma anche diverse influenze inglesi e cinesi e anche una pizza sulla via del ritorno.
Alla serata presenti anche il parroco di Ripalta, don Mario e padre Anthony, ospite in questi giorni, che ha raccontato la sua esperienza in India spiegando le quattro caste principali, le diverse religioni presenti (tra cui il buddismo sempre più emergente) e l’enorme povertà dilagante (lui assiste anche i lebbrosi).