Crema, 14 ottobre 2024

(Annalisa Andreini) Tra gli appuntamenti e i numerosi ospiti del Festival I Mondi di Carta, che si è chiuso ieri sera, è rimasto nel cuore l’intervento della chef congolese Victoire Gouloubi, intervistata dai soci Antonio Bozzo e Annalisa Andreini.

La chef si è rivelata al pubblico svelando emozioni, racconti e aneddoti curiosi della sua vita e della sua professione.

Giunta nel nostro Paese nel 2001 per sfuggire alla guerra civile in corso in Congo, insieme al fratello più piccolo, ha affrontato con coraggio una nuova avventura. L’intenzione iniziale era quella di proseguire gli studi in giurisprudenza ma il consiglio di uno zio le ha aperto le porte del percorso che poi l’ha portata al successo. Così, dalla scuola alberghiera di Feltre, Victoire di strada ne ha fatta davvero tanta, tra mille pregiudizi sessisti e razziali, in un mondo come quello della cucina prettamente maschilista. Per lei doppia fatica, legata al suo essere donna di colore. La dura vita nell’infanzia e nell’adolescenza in Africa le hanno però permesso di affrontare i ritmi pesanti con tenacia. 

Dove è arrivata? 

"Ad essere Sous chef all’hotel Principe di Savoia di Milano e Chef executive allo Sheraton. Non male, certamente, per una donna".

Cosa pensa del cibo e che tipo di cucina ha portato avanti?

“Il cibo ha un potere immenso: nella politica, nell’economia e nella società con dei risvolti anche distruttivi, basta pensare alle conseguenze di fronte ai nostri occhi: spreco alimentare da un lato e luxury food, dall’altro, un lusso che peraltro si pone come un inganno”. 

Victoire, con grande classe, ha saputo unire le tradizioni culinarie della sua terra d’origine con l’alta cucina europea in una fusione armonica di tradizione e innovazione. 

“Non possiamo parlare della cucina africana ma delle cucine africane, al plurale, se pensiamo ai 54 stati che compongono l’Africa e non possiamo semplificare riassumendo tutto in una sola cucina etnica e povera - ha continuato Victoire. Certamente nel continente nero la cucina è legata alle figure materne con particolare creatività. Ma è soprattutto identità e affonda le radici nei rituali familiari”. 

È in arrivo a breve il suo libro, dal titolo emblematico Siamo ingredienti, con la prefazione della giornalista e scrittrice cremasca Roberta Schira. Un saggio che vuole essere un testo di riflessione per chef e appassionati ai fornelli, ma non solo. Appare ricco di spunti per tutti, in un ritmo quotidiano sempre più frenetico, poco paziente e pretenzioso.

Ingredienti visti con gli occhi femminili, compresa la gentilezza, considerata anch’essa un ingrediente. 

“Nei piatti - dice Victoire -gli ingredienti non vogliono essere cavalcati, vanno riconosciuti e rispettati come in un rapporto d’amore. La cucina diventa così una sorta di biblioteca culturale, un retaggio da portare avanti e conservare, perché tempo e memoria sono un ponte che ci consentono di indirizzare senza modificare la struttura originaria”. 

E il suo piatto italiano preferito? Il risotto allo zafferano. Il riso, infatti, le è particolarmente caro.

Progetti futuri?  Victoire ha chiuso da poco il suo ristorante milanese, che godeva di grande successo, per buttarsi anima e corpo nell’ambizioso progetto Uma- Ulafi- La golosa forchetta africana, in cui ha proposto diverse cene in alcuni ristoranti stellati.