Crema, 04 giugno 2016

Si comincia a discutere sul referendum confermativo della riforma costituzionale votata dal governo Renzi. Tino Arpini, per esempio...

L’articolo di fondo del periodico del Partito Democratico cremasco a firma del segretario provinciale Matteo Piloni, dal titolo “Referendum: in gioco il futuro del Paese”,è quanto mai equivoco.

Intanto prendiamo atto che egli abbandona la linea bersaniana per sposare quella più centrista.

Ma, per quanto relativamente giovane in senso anagrafico Piloni è assai datato in senso politico e non può non ricordare che nel 2006 si è celebrato un analogo referendum costituzionale per confermare una riforma approvata l’anno prima dal governo di centro-destra, con gli stessi obiettivi di snellimento delle procedure legislative, la riduzione di circa 200 parlamentari, le clausole contro i cambi di casacca, i ruoli del premier e del presidente della repubblica, la devoluzione alle regioni, ecc.

In quella occasione il “suo” partito ha fatto la battaglia per il no, affossando la riforma, i cui benefici sarebbero già godibili oggi e, magari, avrebbero aiutato a fronteggiare meglio la crisi economica mondiale e governare l’inarrestabile debito pubblico italiano; le pseudo riforme degli ultimi governi nominati da Napolitano non hanno saputo migliorare gli indici economici ma, interventi di facciata quali sono, hanno semplicemente tagliato servizi e prestazioni ai cittadini creando ulteriori gravi contraccolpi al bilancio statale. Lo sono stati il fenomeno esodati, l’alta disoccupazione giovanile ostacolata dai pensionamenti ritardati e, per stare al nostro territorio, il trasferimento di tribunali con forte aggravi di spesa aggiuntiva.

Avrei preferito riforme più etiche e consone al periodo di austerità imposto al Paese, quali la riduzione del numero ma, soprattutto, dei compensi ai parlamentari, ex parlamentari, magistrati, consiglieri regionali, personale parlamentare addetto a servizi esecutivi e stipendiato alla stregua di manager gestionali.

Quindi ora non si invochino i conti pubblici e le commissioni europee per motivare i si al prossimo referendum, perché torna naturale il boomerang della campagna per i no del 2006; ci vuole un minimo di coerenza.

Piuttosto sarebbe opportuno esaminare i singoli punti della riforma e valutarli nel merito. Il dato certo è che è stata approvata a colpi di fiducia e grazie ad un numero determinante di parlamentari che hanno cambiato appartenenza politica. Quindi è una riforma costituzionale che si identifica più nel partito Democratico e nei suoi leaders che non nelle aspettative dei cittadini; non per altro Renzi ne personifica l’esito. Mentre, se avesse realmente a cuore la sorte del Paese, dovrebbe “spacchettare” il quesito referendario e sottoporre ai cittadini l’approvazione dei singoli argomenti della riforma, sui quali potrebbe trovare più trasversalmente di si o dei no di merito e non di appartenenza.

Mentre Piloni, da segretario provinciale, sarebbe tenuto prioritariamente a dire la linea del partito democratico sulla definizione delle nuove Aree Vaste che andrebbero, secondo la stessa riforma costituzionale, a sostituire le ex province. Che futuro vede per Crema e per il cremasco? Poi saranno i cittadini a decidere per si o per no!