Crema News - Crema - Elogio del salame cremasco

Crema, 19 aprile 2024

(Bernardo Zanini) “Nell’Odissea si parla già di un insaccato di carne e sangue, mentre negli scritti di Aristofane ci sono le luganiche. I romani producevano vari insaccati con erbe e nel Medioevo abbiano insaccati come il Saracco, il Lardo e il Salame. Nelle fonti cremasche dal X al XV non c’è traccia di salami e insaccati, ma esistevano boschi e selve dove i maiali erano snelli e pascolavano allo stato brado e non di rado si accoppiavano con i cinghiali selvatici, dando vita a degli incroci. nel X secolo c’erano delle selve ad ingrassandum porcos tra Camisano e Barbata, specialmente nei possedimenti del monastero di Santa Giulia di Brescia. Nel medioevo venivano prodotti salami, salsiccie e specialmente il lardo, perché serviva per i cibi e curava con le erbe il fuoco di San Antonio, malattia dovuta alla segale cornuta e a un fungo tossico. Nel 1500 via Porzi era chiamata “Canton dei porci” perché si allevavano i maiali e nella chiesa di San Antonio in via Benzoni, curavano i malati del fuoco di San Antonio: è una traccia dell’allevamento dei maiali. 

Se dovessimo fare uno spoglio critico di tutti i paesi del cremasco, sulle chiese e santelle, troviamo affreschi, dipinti e statue di San Antonio abate, raffigurato col porcello, segno inequivocabile dell’allevamento del maiale e della produzione di insaccati. L’unico affresco con raffigurato quello che sembra un salame si trova nell’ultima cena del 1600 nel cimitero vecchio di Izano e il salame si trova in un piatto accanto ai cibi della tradizione cremasca, come il pollo, i pesci, i gamberi, il formaggio, le mele e il pane .

Nel 1449 Crema passò sotto il dominio veneto e da subito vennero create delle leggi per la macellazione delle carni, ovine, caprine, bovine, di maiale, insaccati e carni salate. Le bestie macellate e gli insaccati venivano portate in città e dovevano essere bollate da un ufficiale del dazio e conservate poi nelle ghiacciaie prima di portarle nei vari negozi per la vendita, naturalmente tutti i servizi erano a pagamento.

Esistevano anche delle pene severe per chi macellava e vendeva a Crema e nel cremasco delle carni di contrabbando.

Sono giunti fino a noi aneddoti e proverbi della civiltà contadina relativi al maiale e alla lavorazione delle sue carni per fare i salami, le salsiccie e i cotechini. L’uccisione del maiale nel cremasco era tra Santa Lucia e i giorni della merla e per non avere i ragazzi intorno che stavano nei piedi gli davano un sacco e gli dicevano di correre in paese a tò al “sgùraurège” al negose da Gigi Saman. I ragazzi partivano in tromba a prendere l’oggetto misterioso che serviva a fare i salami. Giunti alla bottega, subivano un interrogatorio del tipo: chi sif ualtre, cel tò padre, a sif chèi che i gha cùpat al roi e poi il negoziante si faceva dare il sacco e nel retrobottega di nascosto gli metteva un grosso sasso, legava il sacco e lo riconsegnava ai ragazzi con una raccomandazione, ma racumande fil mia cascà an tèra che lè presius, dumà al dù bas al ripùrtìf andre. Quando i ragazzi arrivavano in cascina stanchi, trafelati e felici il sacco veniva fatto sparire dai genitori o dal masadùr. Ma da allora è stato coniato il detto: bagai se fif i brai và porte an Crèma a et al sgùraurège.

Quando i salami erano stagionati i primi a vederli e mangiarli erano i parroci di campagna che, con la benedizione di San Antonio e delle bestie, si ingrassavano di polli, uova, conigli e salami e gli dicevano di nascosto: ara che roi da n’pret, lè prope vera che al preost al mangia al rost el cùrat al mangia al rat.

Un altro detto era: Negusiant e porc, pìsai quant iè mort, o anche: ta saret mia cumè al roi da Saman. Saman era un contadino di Santa Maria che aveva un maiale all’ingrasso e voleva portarlo a Crema al mercato delle bestie per riscuotere il premio del concorso indetto annualmente. Ma per metterlo sul carretto ci vollero gli sforzi di sei persone per sbùrlà soe al roi; giunto a Crema al mercato il carretto sotto il peso del maiale si ruppe in due e al roi l'è mort. Le famiglie contadine con i prodotti del maiale vivevano tutto l’anno e infatti questo proverbio dice: con la galina ta manget na setimana, con l’ùchèt an mes e con al roi toet l’an. Quando poi i ragazzi non capivano le raccomandazioni dei genitori si sentivano dire: Ta set prope an salam d’urtaia.