Crema News - Riqualificazione urbana, io, per esempio... Crema News

Crema, 29 maggio 2018

L'architetto Vania Zucchetti parla di riqualificazione urbana. Con un monito.

Dalle aree rurali, attraverso la periferia, al centro storico, è di fondamentale importanza il corretto messaggio visivo per la loro identificazione.

Le differenze di qualsiasi genere esse siano, spesso fanno male, ma solo se rimarcate per stabilire gerarchie prevaricatrici; quando invece sono di pubblica utilità, e nel caso specifico, devono identificare correttamente un luogo e il suo approssimarsi, allora diventano un supporto informativo importante per la collettività.

I segni visivi sono simboli di appartenenza a una comunità o a un luogo e per questo devono essere tangibili e inequivocabili.

In questo modo si stabilisce un ordine delle cose, che diventa linguaggio comprensibile e immediato per tutti.

Rispettare dunque il carattere agreste della campagna, piuttosto che d’innovazione della periferia o dell’architettura storicizzata del nucleo abitato antico, è importantissimo.

Queste differenze sedimentate nella nostra storia, che aiutano la lettura semantica del paesaggio urbano ed extraurbano, devono essere salvaguardate nelle scelte del progettista e devono essere supportate da una normativa fatta di regole chiare da far applicare, per il rispetto dell’identità dei luoghi e degli abitanti.

Non si deve intervenire in egual modo in un ambiente montano, di pianura o costiero, infatti, le differenze, perché caratterizzanti, sono da preservare, proprio come da custodire sono la campagna e la città antica.

Chiunque deve percepire con immediatezza il luogo in cui si trova.

Un tempo vi erano le mura della città, ora abbiamo una stratificazione sviluppata a macchia d’olio, con un confuso e casuale skyline, che spesso, in certe zone, rende tutto anonimo, insignificante e senza identità.

L’amministratore attento deve curare quest’aspetto nella pianificazione del proprio territorio, affinché conservi le caratteristiche e parli un linguaggio visivo rispettoso.

Snaturare le campagne, costruendo casette anonime, senza tener conto delle caratteristiche tipologiche e materiche proprie del paesaggio, oppure realizzare infrastrutture cittadine, e mi riferisco a strade, parcheggi, illuminazione e arredo, per mera semplicistica necessità, senza distinzione, e qui non intendo di qualità, tra periferia e centro storico, uniformando materiali e colori, ritengo essere un criterio progettuale sbagliato, perché semplifica l’anima architettonica dei luoghi.

Ogni nuova realizzazione è un segno visivo, che deve rispettare sia l’ambiente sia l’edificato storicizzato, che deve inserirsi in maniera armoniosa, senza essere incombente e non può certamente essere uguale in campagna, in periferia o nel centro antico.

Non per questo, però, le une devono essere meno ricercate e pensate di altre, è solo una questione di dettagli della forma, dei materiali e dei colori.

Le scelte progettuali devono essere supportate sempre dallo studio morfologico del territorio e delle sue risorse naturalistiche e dalla conoscenza storica dell’edificato e delle sue caratteristiche tipologiche e materiche.

Senza questa conoscenza non si possono realizzare interventi qualitativamente validi, rispettosi e armoniosi.

E’ sbagliato sottovalutare l’immagine d’insieme, sia del paesaggio naturale sia urbano e del loro decoro, perché da tutte queste informazioni visive si legge la storia e la cultura del territorio e il grado di civiltà, che non vuol dire sempre solo sviluppo, ma anche tradizione e rispetto.

Percorrere strade sterrate di campagna, dove gli argini sono stati derubati del sostegno dell’apparato radicale degli alberi, guardare villette insignificanti accostate ai caratteristici vecchi cascinali in cotto, così come entrare in un desolato quartiere di periferia, impersonale, disordinato e di solito in qualche parte incompiuto, oppure raggiungere il centro storico martoriato da interventi irriverenti, è quanto mai deprimente per un occhio “sensibile”.

Basta osservare le distese di asfalto dovunque, che frequentemente ricoprono antiche pavimentazioni lastricate, cancellandone la memoria storica e l’identità dei luoghi, unici e veri, certamente sono segni inequivocabili di scarso impegno progettuale, ma soprattutto di scadente attenzione politica amministrativa.

Incominciare, dunque, con un’attenta progettazione generale pubblica di decoro urbano, facendo applicare le normative di tutela del paesaggio, è quanto mai necessario per evitare questa devastante perdita d’identità.

Serve ripristinare un ordine perso, nascosto dietro una falsa originalità progettuale fatta di scarsa conoscenza storica, troppo a lungo improvvisata, senza regole ben precise.

Come insegna il maestro Gilberto Quarneti nei suoi corsi “L’esperienza trae origine dalla memoria e si svolge una relazione con la capacità di apprendere dal contatto con le cose, oltre che dal lasciarsi guidare per agire sulle cose”.

E’ importante davanti ad una qualsiasi scelta, grande o piccola, pubblica o privata, avere un approccio classico: osservare, rilevare, conoscere per capire usi, costumi e tradizioni dei luoghi.

Tanta edilizia e poca architettura, questo è il risultato dell’impoverimento culturale e della mancanza di rispetto della nostra storia e della nostra cultura.

In relazione, ad esempio, alle scelte materiche e del colore di una facciata di edificio, di una pavimentazione esterna o di un oggetto di arredo urbano, luci, dissuasori, fioriere, sono fondamentali, per un Architetto, per un professionista o per un attento amministratore pubblico, applicare i criteri intrinsechi nelle tradizioni storiche del luogo d’intervento.

L’uso scorretto di un materiale, perché non contestualizzato, porta anche al rapido deterioramento di un bene.

Percorrere le strade, osservare l’edificato, rubare gli angoli più segreti dei cortili e dei giardini, deve procurare emozioni, stimolare i ricordi del nostro vissuto, i profumi dell’infanzia (l’impiego di essenze autoctone), ma se questo non accade, vuol dire che si sono fatti interventi sbagliati anonimi e senz’anima.

Questo vale anche per un intervento nuovo, che può reinterpretare la storia architettonica, ma non deve mai essere inopportunamente fuori luogo.

Conoscenza, rispetto, sensibilità, cultura sono valori e competenze indispensabili per chi deve preservare, tramandare, salvaguardare, ma anche apportare il proprio contributo innovativo da lasciare in eredità alle generazioni future.

Vania Zucchetti, architetto