Crema, 06 novembre 2016

XXXII Domenica Tempo Ordinario

La Parola: 2Mac 7,1-2.9-14 Sal 16 2Ts 2,16-3,5 Lc 20,27-38

La sapiente guida della Chiesa ci porta a riflettere nelle ultime domeniche dell’Anno liturgico sulle parole di Gesù che riguardano il nostro destino finale: l’incontro con il Padre misericordioso nel Regno dei Cieli. In questa settimana abbiamo già avuto l’occasione nella festa di Tutti i Santi e nella Commemorazione di tutti i nostri cari defunti, di pensare ai giorni ultimi. Anche oggi, come ai tempi di Gesù, è facile avere una idea sbagliata della nostra vita eterna. La nostra esperienza quotidiana ci fa desiderare di poter semplicemente continuare gli atteggiamenti e le situazioni ben conosciute qui, anche nell’aldilà. Senza essere superficiali come i farisei, chi di noi vorrebbe passare l’eternità in comunione con Dio ma senza ritrovare gli affetti più cari di questa vita, a partire dalle persone più amate con le quali abbiamo condiviso la buona e cattiva sorte ‘fin che morte non ci separi’? Il futuro che ci promette Gesù invece è proprio la pienezza del nostro bene e del nostro desiderio perché nell’incontro con Dio possiamo ritrovare anche tutti i nostri cari, evidentemente in modalità diverse dalle attuali. Una sola giustificazione ci viene proposta da Gesù, che per farsi comprendere dai suoi contemporanei non disdegna di servirsi di una riflessione già maturata dai saggi filosofi dell’antica Grecia. Una volta entrati nell’eternità non è più necessario il rapporto corpo ed anima degli sposi per continuare a vivere, perpetuando la propria esistenza nella partecipazione all’opera creatrice di Dio, generando nuova vita per assicurare l’esistenza del genere umano sulla terra. Ma questo non significa che perderemo la consapevolezza e la gioia degli affetti terreni, che son solo una anticipazione della pienezza d’amore e felicità che ci è promessa in Cristo. Come dubitare che il Dio dei viventi, capace di riempie la nostra quotidianità di piccole gioie e consolazioni, sia pur passeggere e tanto fragili di fronte agli sconvolgimenti e ai terremoti della vita terrena, non possa donarci la pienezza dell’amore per la vita eterna. Ma se vogliamo sperare di ricevere questa pienezza da Dio dobbiamo fin da subito vivere con coerenza il nostro destino eterno con una disponibilità quotidiana a servire la vita, nell’accostarci ai tanti feriti dagli eventi della storia personale o comunitaria, per far sentire a tutti l’amore di Dio. La pienezza dell’eternità si costruisce qui e ora con le opere concrete di attenzione e servizio verso i fratelli più tentati di perdere la speranza perché tutti si aprano ad accogliere le promesse del Signore Gesù.

Nella foto, don Natale