Crema, 31 luglio 2016

Oggi giornata importante perché i musulmani andranno nelle chiese per pregare con i cristiani, raccogliendo l'invito dell'imam di Francia, contro l'uccisione del parroco francese di S. Etienne du Rouvray.

XVIII Ordinaria

La Parola: Qo 1,2;2,21-23 Sal 89 Col 3,1-5.9-11 Lc 12,13-21

Questa domenica le parole di Gesù ci lasciano senza parole. E scusate l’inevitabile gioco di parole. E non solo noi ma anche i discepoli e la folla che ormai numerosissima segue il maestro ovunque vada. Di fronte alla richiesta, per noi assurda, di diventare esecutore testamentario, anche se comprensibile che ci si rivolga al maestro saggio e giusto per ottenere giustizia, Gesù risponde veramente da saggio e da grande profeta lasciandoci una delle frasi più esplicite del suo stile di vita. La cosa più strana è che questo detto di Gesù ci sembra di una ovvietà estrema. Siamo tutti pronti a sottoscriverlo e a riconoscerlo come vero. Non ci sarebbe neanche bisogno di raccontare la parabola del ricco che muore improvvisamente lasciando ad altri quanto possiede. Ciascuno di noi ricorda fin troppi amici e conoscenti che improvvisamente, per malattia o incidente, ci han lasciati senza un perché. E basta un sol pensiero al viso emaciato di Steve Jobs, l’imperatore della Apple, poco prima che morisse, per avere conferma certa della verità di quanto ci insegna Gesù: davvero la nostra vita non dipende dai nostri beni. Ma più siamo certi di questa verità e più viviamo come se non lo sapessimo e fosse soltanto un modo di dire. Temo proprio che più del ricco della parabola ciascuno di noi sia il vero stolto. Pur sapendo ed essendone convinti ci comportiamo poi in modo esattamente contrario alla verità della assoluta provvisorietà dei nostri beni terreni. Purtroppo sembriamo preoccupati solo di questo aspetto della nostra vita, occupati solo a difendere e ad accrescere il nostro patrimonio contabile. Certo abbiamo mille scuse, soprattutto il fatto di vivere in una società materialista che ha fatto del dio denaro l’unico scopo e significato della vita. Ricordo sempre con un sorriso lo schietto accento bergamasco del nostro compianto Vescovo Angelo Paravisi quando si lamentava, anche per la buona gente cremasca, dell’eccessivo attaccamento ai ‘solcc’, ai soldi. Qui non ci sono scappatoie. Se vogliamo essere veri discepoli di Gesù dobbiamo vincere la cupidigia del denaro, imparare ad usarlo come un mezzo, per il nostro giusto sostentamento e per soccorrere i fratelli in necessità e non lasciandoci usare dai nostri beni. Solo così potremo recuperare il volto sereno di chi non si sente costretto ad avere sempre di più, di chi non si sente minacciato da quanti vogliono rubargli pane e lavoro, di chi sa che la propria vita non dipende dalle ricchezze.

Nella foto, don Natale con il gruppo di ragazzi di S. Bernardino al rifugio Benigni