Crema, 25 marzo 2016 - L’area omogenea cremasca esiste già ed è compito della politica riconoscerla. Lo è innanzitutto perché questo territorio vive da sempre una forte identità e perché ha caratteristiche sociali ed economiche ben precise, a partire da un evidente dinamismo imprenditoriale e da una innegabile vivacità culturale. Lo è anche se la legge di riforma costituzionale che prossimamente sarà approvata in seconda lettura dalla Camera e quindi sottoposta a referendum confermativo nel mese di ottobre non contempla questa forma di aggregazione, ma si limita a prevedere la costituzione di più ampie "aree vaste" senza però specificarne la natura, le caratteristiche dimensionali, le funzioni e i metodi per l'individuazione della rappresentanza. Una inversione di tendenza rispetto alla via madre della devolution sempre sostenuta dalle forze di centrodestra e che spinge Regione Lombardia a sollecitare l'intero sistema lombardo, enti locali, istituzioni economiche e culturali, assumendo un ruolo pro-attivo nei confronti dello Stato avanzando una proposta di riorganizzazione che punta a garantire quatto obbiettivi: semplificazione della vita dei cittadini, riduzione dei costi, razionalizzazione degli enti intermedi, sussidiarietà e ascolto dei territori. Una responsabilità importante che viene stimolata dalla costituzione dei tavoli provinciali di confronto. Un modo concreto per dare spazio a quella domanda di autonomia che lo Stato sta progressivamente e scientificamente riducendo. Sul tema specifico delle "aree omogenee" dico che, avendo ben chiaro che nel disegno del governo ad esse spetterà il ruolo di coordinamento politico-territoriale, non potendo assumere direttamente funzioni che sono proprie dei comuni e delle unioni di comuni. Proprio per questo sono pronto a lavorare perché nella "proposta lombarda" vi sia il riconoscimento di questo livello del coordinamento territoriale. Ora è necessario che il grido di allarme espresso dai sindaci cremaschi sul futuro del territorio si trasformi in una proposta organica e condivisa partendo dall'individuazione dei bisogni e delle priorità in termini di infrastrutture e di servizi per i cittadini e per le imprese. Pur rispettando il "diritto all'autodeterminazione", non credo che la valorizzazione del territorio cremasco passi da una disgregazione del territorio provinciale. Credo che proprio il territorio cremasco possa oggi dare un contributo di metodo e di merito importante. Non si può non riconoscerne gli straordinari risultati sul fronte imprenditoriale, pari al 50% del Pil provinciale. Per quanto riguarda il parere del sindaco di Crema Stefania Bonaldi, lo rispetto ma trovo decisamente poco dignitoso il "pellegrinaggio" verso altri territori che da tempo hanno manifestato ben altre intenzioni e interessi. Si tratta di una partita troppo importante per essere ridotta a bandiera di una presunta leadership in crisi di consenso. Non è il momento di anteporre logiche da campagna elettorale ad una seria e approfondita analisi che non può che essere costruita attraverso un confronto serrato con i sindaci e con le categorie economiche individuando insieme gli asset strategici a livello produttivo, infrastrutturale, paesaggistico e culturale così da tracciare con decisione eccellenze, priorità, confini e vie di sviluppo per il futuro.

Nella foto, il consigliere regionale Carlo Malvezzi